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Oltre la bolla: riscoprire la magia della scoperta in un mondo post-profilazione

La recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (sentenza nella causa C-604/22), che ha messo in luce le complessità e le implicazioni legali della profilazione dei dati per fini pubblicitari, offre uno spunto di riflessione profondo sull'impatto di queste pratiche sulla crescita personale e culturale degli individui. La profilazione, sebbene possa sembrare un mezzo per ottimizzare l'esperienza online e fornire contenuti su misura, nasconde una faccia meno luminosa che merita di essere esplorata.

La profilazione dei dati, intesa come la raccolta e l'analisi di informazioni personali per prevedere comportamenti, preferenze e interessi, si è radicata profondamente nel tessuto del marketing digitale. Questa pratica, alimentata dall'avanzamento tecnologico e dalla crescente digitalizzazione, promette di rendere la pubblicità online più efficace, mirando a mostrare agli utenti annunci che rispecchiano i loro interessi presunti. Tuttavia, questo approccio ha un effetto collaterale meno evidente ma significativo: la limitazione della crescita personale e culturale degli individui.

Prendiamo l'esempio dei romanzi. Se un algoritmo determina che un utente preferisce un certo genere letterario o autore, tenderà a esporre l'utente a contenuti simili, rinforzando un ciclo di conferma che limita la scoperta di nuovi generi o autori. Questa "bolla di filtro", come è stata definita, agisce come una camera di eco, dove le informazioni circolano in un loop chiuso, privo di diversità e novità. L'individuo, quindi, perde l'opportunità di esplorare e arricchire il proprio orizzonte culturale, rimanendo ancorato a ciò che già conosce.

Estendendo questo concetto oltre la letteratura, consideriamo l'ambito delle notizie e dell'informazione. La profilazione può portare a una personalizzazione estrema delle notizie, dove l'utente viene esposto principalmente a punti di vista che rafforzano le proprie convinzioni preesistenti. Questo fenomeno, noto come "effetto bolla", può avere ripercussioni significative sul dibattito pubblico e sulla coesione sociale, limitando la capacità degli individui di comprendere e apprezzare prospettive diverse dalle proprie.

Analogamente, nel mondo della musica, la profilazione può impedire la scoperta di nuovi generi musicali o artisti emergenti. Piattaforme di streaming che utilizzano algoritmi per suggerire brani basati sulle abitudini di ascolto passate possono involontariamente confinare l'esperienza musicale dell'utente entro i confini di ciò che già conosce, precludendo la magia della scoperta e dell'esplorazione musicale.

In ambito professionale, la personalizzazione eccessiva può limitare la visibilità di opportunità di carriera o di formazione in campi diversi da quelli in cui l'utente ha già mostrato interesse. Questo può avere l'effetto di canalizzare gli individui lungo percorsi predeterminati, riducendo la diversità delle esperienze professionali e la possibilità di sviluppo personale attraverso la scoperta di nuove passioni o talenti.

La questione centrale è che, mentre la profilazione può semplificare e personalizzare l'esperienza online, essa porta con sé il rischio di creare un mondo ristretto, dove la novità e la diversità sono sacrificate sull'altare della convenienza. Questo non solo impoverisce l'esperienza individuale ma può anche avere implicazioni più ampie per la società, limitando il dialogo, l'empatia e la comprensione tra gruppi diversi.

Paolo Romani, Delegato Federprivacy nella provincia di Lodi

(Nella foto: Paolo Romani, Delegato Federprivacy nella provincia di Lodi)

Per mitigare questi effetti, sarebbe auspicabile un approccio più equilibrato alla personalizzazione, uno che mantenga i benefici della tecnologia pur promuovendo l'esposizione a una gamma più ampia di contenuti. Le piattaforme online potrebbero implementare meccanismi che incoraggiano attivamente l'esplorazione e la scoperta, come suggerimenti di contenuti che si discostano dalle abitudini passate dell'utente o la creazione di spazi dedicati alla diversità e all'apprendimento culturale.

Nell'era digitale iniziale, i motori di ricerca fungevano da portali aperti sul mondo dell'informazione, offrendo risultati basati principalmente sulla pertinenza del contenuto rispetto alla query dell'utente, senza una significativa personalizzazione basata sulla storia di navigazione o sul profilo dell'utente. Questo approccio "neutrale" alla ricerca di informazioni permetteva agli utenti di esplorare un panorama digitale vasto e variegato, dove la scoperta casuale e l'esposizione a nuovi contenuti erano non solo possibili ma frequenti.

Riflettendo su quel periodo, si può apprezzare come la mancanza di profilazione abbia favorito un tipo di esplorazione online più organica e meno vincolata. Gli utenti potevano inciampare in siti web, articoli e forum che mai avrebbero considerato cercare attivamente, ampliando così le loro conoscenze e interessi in modo spontaneo. Questo meccanismo di ricerca "alla cieca", privo di pregiudizi algoritmici, stimolava la curiosità e promuoveva un apprendimento autodiretto, caratteristiche fondamentali per la crescita personale e culturale.

Immaginando un mondo che riabbracci questo approccio, si potrebbe teorizzare un rinnovato panorama digitale, dove la serendipità, la scoperta di qualcosa di imprevisto mentre si cerca altro, tornano a essere elementi centrali dell'esperienza online. Azzerando o riducendo significativamente la profilazione, gli utenti potrebbero nuovamente navigare in un ambiente digitale più imprevedibile e stimolante, dove ogni ricerca o click apre le porte a mondi sconosciuti e a conoscenze inaspettate.

Un tale cambiamento richiederebbe un ripensamento radicale delle logiche che governano attualmente il web, privilegiando la diversità e la scoperta rispetto alla personalizzazione e alla rilevanza.

Le piattaforme e i motori di ricerca potrebbero introdurre funzionalità che incoraggiano l'esplorazione di contenuti al di fuori della "bolla" personale dell'utente, come algoritmi che introducono una dose calibrata di casualità nei risultati di ricerca o sezioni dedicate a contenuti "fuori dalla scatola".

Questo approccio non solo arricchirebbe l'esperienza online degli individui ma potrebbe anche avere effetti positivi sul tessuto sociale e culturale più ampio, promuovendo l'apertura mentale, la tolleranza e la comprensione tra persone di diversi background e interessi. In un mondo dove la divisione e la polarizzazione sembrano sempre più prevalenti, il ritorno a un modello di esplorazione digitale più inclusivo e meno profilato potrebbe rappresentare un passo verso la ricostruzione del dialogo e della coesione sociale.

Ripensare l'uso della profilazione nei motori di ricerca e nelle piattaforme online potrebbe non solo liberare gli individui dalle restrizioni delle bolle di filtro ma anche rilanciare il web come spazio di scoperta illimitata, dove l'apprendimento e la crescita personale sono alimentati dalla diversità e dall'imprevedibilità delle informazioni incontrate. Un tale cambiamento, sebbene ambizioso, potrebbe segnare l'inizio di una nuova era digitale, caratterizzata da una maggiore apertura culturale e da un arricchimento collettivo.

Note sull'Autore

Paolo Romani Paolo Romani

Consulente Privacy e Sicurezza IT presso Delmiele Digital Agency, Delegato Federprivacy nella provincia di Lodi. Professionista certificato Privacy Officer e Consulente della Privacy (CDP) con TÜV Italia.

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