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Le app anti Covid-19 millantano volontarietà

Le applicazioni in prima linea contro il contagio, infatti, sono volontarie, ma fino a un certo punto. Bisogna, infatti, fare i conti con gli obblighi che derivano dall’ordinamento complessivo. Ci si chieda: se uno ha notizie utili a evitare guai alla salute di altre persone e se volontariamente non le mette a disposizione, non è forse responsabile delle conseguenze evitabili con la sua collaborazione? Non ci sono vincoli di solidarietà sociale che implicano e diventano obblighi giuridici? Questo è un esempio delle numerose insidie da affrontare ogni volta che si affronta il tema del bilanciamento tra opposti interessi.


RAPPORTI DI FORZA TRA PORTATORI DI INTERESSI - Per affrontare questo tema (il “bilanciamento di interessi”) dobbiamo fare un passo indietro e ricordarci che non si misurano solo “interessi”, ma si confrontano posizioni di forza e che abbiamo “portatori di un interesse” contro i “portatori di un altro interesse”. Con la conseguenza che la soluzione dei rapporti di forza, nelle forme di governo democratiche, è affidata alla legge (frutto delle scelte dei rappresentanti del popolo).

In questa cornice si può trattare dei criteri del bilanciamento tra (interesse alla) salute e (interesse alla) privacy in relazione all’epidemia da Covid-19.

A questo proposito, da un lato abbiamo, l’interesse (alla privacy) della persona a non vedere diffusa la sua identità, a non essere controllata, tracciata nei suoi spostamenti, nella sua posizione e nei suoi contatti, a non essere discriminata sulla base di quella informazione, ad avere sempre la disponibilità delle informazioni (sanitarie e non) che la riguardano. Questo interesse, se considerato prevalente rispetto alla salute delle persone, potrebbe portare alla conseguenza di essere (con)causa della diffusione del contagio: se non si possono “controllare” le persone (e questo porta inevitabilmente a un trattamento di dati), allora vuol dire che si rischia che una persona, potenzialmente positiva al Covid-19, diffonda il virus oppure che persone potenzialmente contagiate non siano allertate.

Dall’altro lato, abbiamo l’interesse (alla salute) della persona a non entrare in contatto con persone contagiate e, quindi, a sapere chi abbia contratto l’epidemia. Questo interesse, se considerato prevalente rispetto alla privacy delle persone contagiate o potenzialmente contagiate, potrebbe portare alla conseguenza di essere (con)causa della morte delle libertà individuali: se si possono “controllare” le persone senza limiti (e questo porta inevitabilmente a un trattamento di dati), allora vuol dire che si rischia che una persona sia tracciata, schedata e oppressa.

A fronte di ciò si si attenderebbe che il legislatore regoli questo rapporto di forza, indicando modi e termini della prevalenza di un (gruppo di portatori di) interesse sull’altro.

BILANCIAMENTO REALE -  A questo punto bisogna considerare, però, un altro aspetto essenziale: il risultato del bilanciamento è sempre “in concreto”, “in un dato contesto”, “in un dato tempo”.
Pertanto, il bilanciamento (quello effettivo) è sempre e solo quell’equilibrio deciso in un certo ambito territoriale, in un certo periodo di tempo e in un certo modo.

Ci si può attardare a discutere sul bilanciamento migliore in assoluto, ma poi bisogna scendere sul piano della relatività del quotidiano e prendere atto del bilanciamento “reale”.

Da questo punto di vista, paradossalmente e anche un po’ cinicamente, non conta tanto (e soltanto) quale sia il parametro del bilanciamento, ma conta chi è il decisore del bilanciamento: lo stato, un’autorità pubblica, un soggetto privato, il singolo? Così come ha rilievo la verifica delle possibilità di contestare la decisione del decisore del bilanciamento.

(Nella foto: l'Avv. Antonio Ciccia, autore di Italia Oggi e Presidente di Persone & Privacy)

In conclusione, ai fini (non dello studio astratto, ma) dell’individuazione (in concreto) del bilanciamento tra opposti interessi, non importa tanto il censimento dei parametri astratti del bilanciamento (magari scritti in un testo normativo): da questo punto di vista è troppo facile ripetere che i criteri del bilanciamento sono i “principi” dell’articolo 5 Rgpd. Questa risposta, a ben vedere, è buona per tutti i quesiti “privacy” e, quindi, non sempre sufficientemente produttiva di regole di condotta concrete.

Importa, invece, capire le modalità di formazione della decisione del singolo bilanciamento e la impugnabilità di tale decisione e il sistema di responsabilità, se detta decisione è sbagliata.

LE APP ANTI COVID-19 - Alla luce di quanto detto sopra, si può arrivare a diversi tipi di bilanciamento reale in relazione a diversi contrasti. Si prenda l’esempio delle applicazioni per smartphone e, in particolare, le app di censimento del contatti e di allerta anti Covid-19.

Come si legge nei documenti degli organismi della UE (tra tutti il Comunicato Stampa del 16 aprile 2020 , la Raccomandazione dell'8 aprile 2020)  e il paper eHealth Network), queste app non sono niente altro che un ausilio alla memoria della persona risultata positiva al Covid-19, alla quale si chiede di ricordare i nomi delle persone incontrate, affinchè possano, a loro volta, essere chiamate per fare controlli sanitari e restringere la rete del contagio. La tecnologia interviene a memorizzare i contatti, così da superare i limiti della memoria dell’individuo.

Queste app, infatti, se scaricate sui singoli device, raccolgono l’identificativo di apparecchi evoluti detenuti da persone incontrate da una determinata persona; queste informazioni sono conservate sull’apparecchio e sono utilizzabili per inviare un avviso alle persone incontrate, nel caso in cui un soggetto risulti contagiato.

Il criterio del bilanciamento “reale”, rinvenuto nei documenti ufficiali degli organismi dell’Unione Europea, è, apparentemente, rappresentato dalla volontarietà cioè dalla facoltà rimessa al singolo di avvalersi o no di questo sistema, di scaricare o no l’app.

A ben vedere, non rappresentano, invece, criteri di bilanciamento le regole della sicurezza dei sistemi informativi, che sono da realizzare sempre: qualunque sia il risultato del bilanciamento, questo deve realizzarsi in ambiente sicuro.

Così come, a stretto rigore, non può essere parametro di bilanciamento la delimitazione di ciò che deve essere bilanciato: altrimenti detto, escludere un certo dato (come la geolocalizzazione), perché scollegato dalle finalità perseguite, non è un bilanciamento, ma è eliminazione di dati inutili, per dare spazio ai dati che devono essere bilanciati.

Eliminare aspetti palesemente illeciti (insicurezza informatica, dati inutili) non vuol dire descrivere criteri del bilanciamento, che, ovviamente, deve essere fatto tra termini omogenei (interessi legittimamente perseguibili).

Ebbene, nel caso specifico, i documenti europei fanno appello alla volontarietà delle app.

Siamo di fronte alla libertà piena della singola persona che, a sua scelta, può decidere: 1) se scaricare o non scaricare l’app; 2) una volta scaricata l’app, se mettere o non mettere a disposizione la lista dei contatti.

Certo, negli stessi documenti europei si mette in evidenza che bisogna fare opera di convincimento affinchè più cittadini possibile aderiscano al sistema, anche per scongiurare il fallimento degli obiettivi (la soglia minima di effettività è fissata al 60% della popolazione); ciò, peraltro, non smentisce, anzi sottolinea che la regola è la volontarietà del singolo.

Ora, ci si soffermi un attimo. Risulterà chiaro che la regola della volontarietà non è un criterio di bilanciamento, ma è l’individuazione del soggetto decisore del bilanciamento.

In questo caso è il decisore è la singola persona, detentore del device su cui è disponibile la app, cui è devoluta la scelta in ordine al contrasto di interessi.

Il singolo può scegliere di rinunciare alla sua privacy mettendo a disposizione delle autorità sanitarie i suoi contatti, censiti dal suo apparecchio (così contribuendo alla salute delle persone rintracciabili tramite i contatti censiti), oppure di privilegiare la sua privacy, mettendo a repentaglio la salute altrui.

Quali sono i parametri che il singolo decisore (persona detentore dello smartphone) deve applicare? Apparentemente gli orientamenti ufficiali degli organismi europei non propongono una lista di parametri, poiché si limitano a lasciare alla mera volontà della singola persona se scaricare la app e se mettere a disposizione le informazioni.

Questo non significa, però, che non ci siano parametri derivanti da altri settori dell’ordinamento giuridico (diversi dal sistema giuridico “privacy e protezione dei dati”). Si consideri il caso in cui Tizio abbia scaricato la app di censimento degli apparecchi intercettati e di allerta ai portatori degli apparecchi intercettati.

Ebbene, se Tizio risulta positivo al Covid-19 e se, dopo aver acquisito la app, volontariamente nega alle autorità sanitarie gli identificativi degli apparecchi censiti, si potrà negare in assoluto che abbia concausato un danno alle persone incontrate? Se l’allerta tempestivo, impedito da Tizio, risultasse, ex post, idoneo a salvare la vita delle persone incontrate, si potrebbe escludere a priori la responsabilità di Tizio?

Poiché queste domande hanno una risposta negativa, con la conseguenza che Tizio può essere chiamato a rispondere della omessa condivisione dei dati censiti dal suo smartphone, allora si può concludere che: il soggetto decisore del bilanciamento è il singolo; la sua decisione, apparentemente volontaria, è soggetta al controllo, caso per caso, delle autorità giudiziarie in relazione alle possibili conseguenze dannose della propria condotta sul piano della responsabilità civile e penale.

In sostanza abbiamo:

a) le autorità pubbliche che individuano uno strumento che risponde all’interesse collettivo alla salute;
b) le autorità pubbliche che fortemente consigliano/raccomandano ai singoli di dotarsi di quello strumento e di utilizzarlo nell’interesse collettivo;
c) il singolo che, in totale libertà, può decidere se dotarsi o non dotarsi di quello strumento;
d) il singolo che, una volta in possesso di quello strumento, in totale libertà, può decidere se, farne l’uso conforme all’interesse collettivo e conforme alla finalità dello strumento, in vista del quale quello stesso singolo aveva acquisito quello strumento;
e) la possibilità che il singolo, che non ha fatto uso di quello strumento, possa essere chiamato a rispondere delle scelte compiute davanti all’autorità giudiziaria.

Quanto sopra evidenzia che tutto ciò si traduce nell’affidamento dell’interesse collettivo, in prima battuta, alla decisione del singolo e, in seconda battuta, ma solo in quei casi in cui sorga un contenzioso, alla decisione del giudice.

Ci si può chiedere quanto questo sia legittimo o illegittimo oppure quanto sia equo o iniquo oppure, ancora, quanto questo sistema possa garantire il raggiungimento del risultato (la salute quale interesse della collettività) oppure se sia pronosticabile un fallimento.

Ci si può chiedere tutto ciò, ma non si può trascurare che questi sistemi, se configurati come sopra descritto, rimarcano che non è il legislatore a compiere la scelta e che il bilanciamento non trova la sua soluzione nella legge (preventiva, generale e astratta), ma viene affidato alla decisione (ex post, particolare e concreta) del singolo o del giudice.

Eppure il percorso principale del bilanciamento disegnato, sia dall’articolo 23 Rgpd sia dall’articolo 15 della direttiva e-privacy 2002/58/Ce, dovrebbero essere, certo, misure necessarie e proporzionate in una società democratica e rispettose dell'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali o, con parole diverse, disposizioni necessarie, opportune e proporzionate all'interno di una società democratica, ma in ogni caso dovrebbero essere misure legislative e disposizioni legislative.

Viene il dubbio (fondato) che la privacy sia, ancora una volta, il pretesto usato dai legislatori per non dettare chiari e precisi criteri del bilanciamento.

Note sull'Autore

Antonio Ciccia Messina Antonio Ciccia Messina

Professore a contratto di "Tutela della privacy e trattamento dei dati Digitali” presso l'Università della Valle d’Aosta. Avvocato, autore di Italia Oggi e collaboratore giornali e riviste giuridiche e appassionato di calcio e della bellezza delle parole.

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