Attenzione agli algoritmi mercenari mentre cercate l'anima gemella con l'app di dating online
“Se non lo avessimo fatto noi, lo avrebbe fatto qualcun altro e se non si è i primi ad arrivare sul mercato nelle cose dell’Intelligenza artificiale, si rischia di restare indietro”. Ha risposto così George Arison, Amministratore delegato di Grindr, il più popolare sito al mondo di dating online dedicato alla community LGBT+ a chi gli ha domandato perché abbia deciso, così presto e nonostante gli evidenti rischi in particolare sul versante della privacy, di integrare nel suo servizio algoritmi di intelligenza artificiale per aiutare gli utenti a trovare l’anima gemella o compagnia per una serata, generare risposte emotivamente personalizzate o suggerire locali, musiche, atmosfera e parole per il primo appuntamento.
(Nella foto: Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali)
E il problema nelle cose dell’intelligenza artificiale che, progressivamente, conquistano anche gli ambiti più personali della nostra vita è esattamente questo. I protagonisti dei mercati digitali conoscono perfettamente la regola del “first mover”: il primo che arriva conquista il mercato e non lascia nulla al secondo e al terzo. Non c’è, quindi tempo di aspettare, non c’è tempo di valutare l’impatto del ricorso a certe soluzioni diversamente intelligenti, non c’è tempo di chiedersi se il gioco valga la candela, se, ad esempio, in un caso come questo, avere più chance di conquistare l’attenzione di un partner giustifichi l’enorme quantità di dati personali – persino quelli relativi alla nostra sfera emotiva, sentimentale e sessuale – ceduta a voraci algoritmi di intelligenza artificiale.
E privacy a parte, non c’è neppure il tempo di valutare se abbia davvero senso e se produca risultati umanamente e eticamente sostenibili farsi aiutare da un algoritmo a conquistare la nostra anima gemella, suggerendoci parole che, magari, non avremo mai scritto o presentandoci come, in realtà, non siamo.
Ma comanda il mercato o, almeno, così sembra. E, infatti, nel mercato del dating online sembra già non esserci proprio nessuno che riesca a sottrarsi dal ricorso all’intelligenza artificiale.Tinder, la più popolare app di incontri al mondo, è sulla stessa strada di Grindr. Gli algoritmi sono già a disposizione dei suoi utenti per aiutarli a creare profili con i quali avere più chances di conquista e per aiutarli a scrivere messaggi irresistibili e che garantiscano le conquiste più ambite.
Una ricerca di AttractionTruth pubblicata da Decrypt racconta che, già oggi, il 20% degli uomini che usano app di dating usa soluzioni di intelligenza artificiale integrate o meno nell’app – ChatGPT Love sarebbe una delle più gettonate – e che il 40% di loro sarebbe pronto a giurare che grazie agli algoritmi il proprio sex appeal e le proprie conquiste sono saliti alle stelle.
E questa diffusa percezione – che, per la verità, di scientifico, trattandosi di affari di cuore e di attrazione sembra aver poco – non fa che aggravare il problema o, almeno, la sfida che abbiamo davanti perché, naturalmente, sarà dura convincere le centinaia di milioni di utenti che in tutto il mondo usano app di dating non a rifiutare il supporto di un’amica o di un amico diversamente intelligenti per aver più successo ma, almeno, a farlo facendosi guidare dal buon senso, dalla ponderazione, dalla riflessione, valutando se, davvero, vale la pena mettere così tanto di sé nelle mani delle fabbriche di algoritmi solo per veder lievitare – forse – la probabilità di scegliere le parole giuste per rompere il ghiaccio o il luogo giusto per il primo appuntamento.
E se dall’altra parte poi ci fosse – come inizia ad accadere – qualcuno che usa gli stessi amici diversamente intelligenti per farsi suggerire quanto c’è di naturale e quanto di artificiale in chi sta dall’altra parte? Che figura si farebbe? Quella di chi per trovare l’anima gemella o, semplicemente, la compagna o il compagno di una serata spensierata ha bisogno dell’aiutino del robot? Perché, naturalmente, gli algoritmi sono mercenari e possono essere alleati dei novelli latin artificial lovers così come loro acerrimi nemici capaci di metterli letteralmente a nudo agli occhi delle più ambite delle conquiste.
Ma, brutte figure a parte, davvero non è una buona idea lasciare che un algoritmo – chiunque ci sia dietro – arrivi a conoscere così bene le nostre emozioni, i nostri desideri più intimi e il nostro cuore perché non siamo davvero in grado di sapere come l’azienda che lo controlla userà tanta preziosa conoscenza ma sappiamo per certo che quando qualcuno arriva a conoscerci così bene è in condizione di comprimere, limitare, manipolare la nostra libertà di scelta negli ambiti e nelle direzioni più diverse.
di Guido Scorza (fonte:HuffPostItalia)