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Gli esperti di protezione dati e le preoccupazioni per l’app Immuni

“La privacy è come la democrazia, un mito”, è un’allusione che ciclicamente si ripropone ogni volta che i fatti spingono questi due concetti – democrazia e privacy – al loro limite, oltre il quale c'è il pericolo per le libertà dei cittadini. A questo giro tocca alla privacy e il tono un po' disfattista della battuta andrebbe declinato in favore del Covid-19, ulteriore occasione per “lasciare a terra” una fetta del diritto alla protezione dei nostri dati personali.

(Nella foto: l'Avv. Rosario Imperiali)

(Nella foto: l'Avv. Rosario Imperiali)


Per superare l'incertezza comunicativa di questi mesi e per andare oltre alle prime opinioni di pancia – sui rischi che i dati dei cittadini gocciolino da qualche buco e cadano nelle avide mani di imprese private o peggio di paesi stranieri privi di sistemi di tutela – abbiamo messo alla prova lo scetticismo del sentire comune.

Con l'indagine Privacy e Covid-19 – La voce degli esperti su App e utilizzo dei dati personali, abbiamo raccolto il parere di oltre 85 tecnici del mestiere, per la maggior parte DPO (Data Protection Officer), ma anche legali e professionisti di digitale e dati.

Ed ecco la sorpresa! Una larga parte degli esperti rincara la dose e ribadisce le paure dell'opinione pubblica: la raccolta e l'utilizzo dei dati dei cittadini con finalità sanitarie, in occasione della pandemia, presenta molti rischi.

Prima di tutto c'è la conferma che il contesto sia poco tranquillo. Una buona maggioranza degli intervistati (68,4%) pensa che i cittadini debbano infatti preoccuparsi della raccolta dei propri dati sanitari e di spostamento.

C'è una grande fetta del campione che poi vede due precise tipologie di nuovi rischi, proprio quelli che sembravano ammantati di complottismo e legati al mondo digitale: il 63,2% considera possibile che i dati personali raccolti con un'app per il Covid-19 finiscano all'estero, ed il 57,9% ritiene probabile che saranno inevitabilmente sfruttati da aziende private.

È presente anche un rischio di vecchio stampo, probabilmente radicato nell'idea di inefficienza connessa al nostro apparato statale: il sistema pubblico (in questo caso quello sanitario) non è considerato affidabile. Il 39,5% non lo ritiene in grado di proteggere adeguatamente i dati personali, e il 56,6% è sicuro che non sia esente da rischi.

L'analisi presenta però una seconda sorpresa. Sono proprio gli esperti del campione, coloro che a vario titolo si occupano di diritti, di dati e della protezione di entrambi, ad essere molto laici e realisti in materia di privacy.

Per prima cosa, nonostante i rischi visti all'orizzonte, c'è piena consapevolezza del contesto di emergenza: è infatti opportuno che le istituzioni decidano di raccogliere e utilizzare i dati personali con finalità legate alla salute (92,1%) e sono accettabili alcune forme di riduzione della privacy a questo scopo (75%).

Anzi, la previsione di una futura riduzione della privacy appare decisamente condivisa. Partendo da questo momento eccezionale, infatti, il 75% degli intervistati pensa che i cittadini dovranno abituarsi a immolare periodicamente una quota della loro privacy sull'altare del Covid-19 o di altre emergenze.

La maggior parte degli esperti, sondati proprio in questi ultimi giorni, era infatti sicura che un'applicazione per il Covid-19 sarebbe stata poi diffusa e proposta ai cittadini. Aveva probabilmente chiara l'idea che l'emergenza avrebbe portato all'introduzione di strumenti nuovi, ovviamente basati su tecnologie digitali.

Nonostante ciò, ed è proprio questo l'aspetto più indicativo dell'indagine, una maggioranza significativa del campione (67,1%) è convinta che servano ulteriori garanzie a protezione dei dati dei cittadini.

Infatti, l'80% del gruppo vede come indispensabile che la raccolta dei dati tramite un'app sia gestita da istituzioni pubbliche ma senza che questa sia obbligatoria; e tre esperti su quattro considerano che i cittadini stessi possano stare tranquilli solo se lo Stato garantirà il limitato termine d'uso dei dati, la cancellazione alla scadenza e le precise modalità dell'utilizzo.

Quindi i rischi ci sono, ma c'è anche un approccio molto laico e maturo al problema. Lo stesso che propone la soluzione per uscirne: la raccolta e l'utilizzo dei dati dei cittadini, se proprio sono necessari, che siano fatti in regime di efficienza e soprattutto in sicurezza.

di Rosario Imperiali (Il Sole 24 Ore, 21 giugno 2020)

Note sull'Autore

Rosario Imperiali Rosario Imperiali

Avvocato, esperto di privacy e fondatore dell'Osservatorio Data Protection di House of Data Imperiali - Web: www.houseofdataimperiali.com

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