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Attività di telemarketing più costose per le aziende, ma anche meno efficaci

Apparentemente è una cosa semplice: chi non vuole ricevere chiamate telefoniche da qualcuno che cerca di vendergli qualcosa, iscrive il suo numero di telefono nell’apposito Registro pubblico delle opposizioni (Rpo) e così si mette al riparo dagli scocciatori. Di fatto le cose sono un po’ più complesse, tanto è vero che una legge (la n. 5 del 2018) approvata più di quattro anni fa diventerà operativa, forse, nel luglio 2022.

Apparentemente è semplice: chi non vuole ricevere chiamate telefoniche da qualcuno che cerca di vendergli qualcosa, iscrive il suo numero di telefono nell’apposito Registro pubblico delle opposizioni.

E se per gli utenti-consumatori-cittadini si tratta di pazientare ancora un poco, per le aziende interessate a proporre azioni di telemarketing non mancano i problemi, la cui soluzione è lasciata al mercato, agli interventi regolatori del Garante della privacy e alle sentenze dei tribunali. Nell’attesa, bisogna comunque dedicarsi alla interpretazione delle norme, anche per gestire i prevedibili aspetti critici. In effetti, è facile constatare che il nuovo regolamento impone un maggior grado di responsabilizzazione e di adempimenti, anche se non sempre contiene una esplicita indicazione di cosa può essere fatto e cosa no.

Il quesito principale riguarda i numeri non iscritti nel Rpo. In linea di massima se un numero di telefono è presente negli elenchi pubblici e non è iscritto nel Rpo si può certamente contattare. Ma non finisce qui: se pensiamo ai numeri riservati (non presenti in elenco) o ai numeri di cellulare le cose cambiano, perché si rischia di essere chiamati a rispondere di come si è ottenuto quel numero e bisognerà spiegare, come chiede il regolamento Ue sulla protezione dei dati (Gdpr), in forza di quale base giuridica si tratta il dato. Di fatto la palla passa all’operatore, che deve assumersi la responsabilità delle sue azioni. Pur in un contesto normativo ancora poco chiaro.

Marino Longoni, condirettore di Italia Oggi

(Nella foto: Marino Longoni, condirettore di Italia Oggi)

Altro problema piuttosto scabroso quello della cessione a terzi delle liste di nominativi: la norma impone a chi cede i dati di comunicare agli interessati gli estremi identificativi degli operatori che ricevono i numeri: un adempimento potenzialmente devastante per chi opera in questo settore, salvo che, con una interpretazione da azzeccagarbugli, non si riesca a sostenere che questa norma si riferisce solo ai casi in cui l’utente chieda espressamente l’accesso a queste notizie oppure alle informazioni di carattere generale che possono essere inserite nelle informative privacy. Di fatto, anche qui bisogna attendere come si muoveranno il Garante della privacy ed eventualmente i tribunali.

Difficilmente sostenibile dalle aziende di telemarketing anche la necessità dei controlli presso il Rpo: si tratta di una verifica che la legge obbliga a fare mensilmente, apparentemente anche se le informazioni non sono utilizzate. Il classico adempimento inutile? Forse è il caso di aspettare l’ennesima pronuncia del Garante della privacy per capirne la reale portata.

Dal punto di vista economico, una cosa è sicura. Le azioni di telemarketing costeranno di più, saranno meno efficaci, e si muoveranno su un crinale sempre più pericoloso, dal punto di vista delle conseguenze giuridiche.

Fonte: Italia Oggi Sette del 7.01.2022 - Articolo di Marino Longoni, condirettore di Italia Oggi

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