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Registrare di nascosto le conversazioni con i colleghi non costituisce motivo di licenziamento per giusta causa. Infatti è legittimo il comportamento del lavoratore finalizzato a precostituirsi un mezzo di prova contro il datore di lavoro per una causa futura o imminente. È dunque possibile produrre in giudizio le registrazioni occulte di vari colloqui avvenuti con i colleghi, in quanto il diritto di difesa prevale sulla tutela della privacy. Attenzione però: le registrazioni sul lavoro sono consentite a patto che i dialoghi siano pertinenti alla tesi da sostenere in giudizio e il mezzo utilizzato non ecceda le finalità.

È retroattiva la norma sulle intercettazioni contro la criminalità organizzata approvata quest’estate con decreto.  Ad affermarlo, intervenendo per la primissima volta sul punto è la Cassazione, con la sentenza n. 47643 della Seconda sezione penale depositata il 29 novembre.

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Nel caso di imputazione per riciclaggio sono utilizzabili le intercettazioni disposte per altro procedimento anche se vi è assenza di connessione tra i due processi.Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza n. 37143/2023.

In tema di reati informatici, il delitto di cui all'articolo 617-quinquies del Codice penale è assorbito in quello più grave di frode informatica ex articolo 640-ter del Cp nel caso in cui, installato il dispositivo atto a intercettare comunicazioni di dati informatici, abbia luogo la captazione, in tal modo trasformandosi la condotta preparatoria e di pericolo di cui al primo reato nell'alterazione del funzionamento o, comunque, in un intervento illecito sul sistema informatico, che sono modalità realizzative tipiche della frode informatica.

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Il divieto di utilizzazione delle intercettazioni investigative in altro procedimento non opera se il reato diverso accertato tramite le captazioni informatiche rientra nelle deroghe previste dallo stesso Codice di procedura penale. I criteri sono la connessione qualificata dei reati in base ai fatti storico-naturalistici per cui sono state inizialmentge autorizzate le intercettazioni. Quindi, il legame tra il reato inizialmente indagato e quello che emerge dalle captazioni deve essere un collegamento non puramente di risultato investigativo.

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L'articolo 103 del codice di procedura penale, al comma 5, sancisce che "Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite". In via generale, quindi, il nostro ordinamento vieta le intercettazioni delle conversazioni tra avvocato e cliente. Tuttavia, nel tempo, la giurisprudenza di legittimità ha mitigato la rigidità di tale divieto, ritenendo, nei fatti, che lo stesso non debba ritenersi assoluto ma vada incontro a delle eccezioni.

Spotify vuole conoscerci al meglio. E per farlo vuole capire cosa succede attorno a noi mentre ascoltiamo le nostre canzoni preferite. Il colosso svedese dello streaming sta studiando un sistema per catturare le informazioni sonore attraverso i dispositivi in cui è in uso la sua app. L’obiettivo ufficiale è decifrare emozioni e situazioni dell’utente in un preciso momento per affinare l’algoritmo che seleziona tracce, album, artisti e playlist da suggerire. In sintesi, tracciare un identikit più preciso. Con tutti i dubbi del caso in merito alla privacy di chi preme il pulsante “play”.

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Al pubblico ministero i tabulati telefonici solo per reati gravi (pena nel massimo di tre anni di reclusione o più e molestie telefoniche) e sempre sotto il vaglio del giudice. I paletti all'acquisizione dei tabulati, anche elettronici, sono posti dal decreto legge omnibus su giustizia, Irap, assegni familiari etc., approvato ieri dal consiglio dei ministri, che si applica anche ai procedimenti pendenti. Al centro dell'attenzione del governo l'art. 132 del codice privacy (dlgs 196/2003), che disciplina la conservazione da parte del fornitore di servizi di comunicazione dei dati di traffico telefonico e telematico per finalità di accertamento e repressione dei reati.

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Domenica, 09 Maggio 2021 19:07

Tabulati telefonici, caos sulla data retention

Sulla data retention è caos negli uffici giudiziari. Ne è esempio quanto avvenuto nell’ufficio Gip di Roma, dove, a distanza di pochi giorni sono state fornite interpretazioni divergenti sull’acquisizione dei tabulati telefonici.

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Serve sempre l’autorizzazione del Gip, ma l’acquisizione dei tabulati telefonici può essere disposta solo nell’ambito di indagini per gravi reati. In particolare per quelli identificati dal Codice di procedura penale, che rendono possibile il ricorso alle intercettazioni. Questo l’approdo cui giunge il Gip di Roma con un recentissimo decreto, depositato il 25 aprile, con il quale si fanno i conti, ed è una delle primissime volte, con le conseguenze della sentenza dello scorso 2 marzo, con la quale la Corte di giustizia Ue ha stabilito da una parte che per l’utilizzo investigativo dei dati del traffico telefonico non basta, come invece avveniva in Italia, la richiesta del pubblico ministero, ma serve invece il controllo di un giudice, cioè di una figura evidentemente terza; dall’altra che, comunque, l’accesso deve essere «circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica».

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