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Accordo sindacale o autorizzazione dell’ispettorato del lavoro prima di installare telecamere in ambienti di lavoro?
Prima di installare un sistema di videosorveglianza in ambienti di lavoro serve l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro quando derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa. La Corte di Cassazione, con la sentenza 4331/2014 ha precisato che: «l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso, anche sporadicamente, deve essere previamente autorizzata dall’Ispettorato dal Lavoro o deve essere autorizzata da un particolare accordo con i sindacati. La mancanza di questi permessi, comporta la responsabilità penale del datore di lavoro».
Barclays accusata di spiare i dipendenti, indaga il garante privacy inglese
Avete mai sospettato che il vostro capo vi stesse spiando sul lavoro? È capitato probabilmente a tutti almeno una volta di chiederci se l’azienda ci avesse installato un software di monitoraggio sul computer, o se ci stesse monitorando in qualche altro modo, ma se lavorate alla Barclays questo presentimento potrebbe essere più che una semplice suggestione. Il Garante per la privacy inglese (ICO Information Commissioner’s Office) ha infatti aperto un’indagine sul colosso bancario, accusato di aver implementato un sistema che spia i propri dipendenti.
Braccialetto elettronico per gli spazzini, privacy a rischio a Livorno
Un braccialetto elettronico al polso di ogni operatore ecologico. Un sistema che "dialoga" con i cestini e segnala se sono stati svuotati. Succede a Livorno, dove l'azienda Avr, che gestisce in appalto il servizio di pulizia strade per conto della municipalizzata Aamps, ha introdotto da qualche giorno questa nuova tecnologia.
Cassazione: il datore di lavoro può controllare dalla navigazione internet del pc aziendale se il dipendente lavora
Dopo l'introduzione del Jobs Act, non è più vietato tracciare la "navigazione" su internet del lavoratore ai fini di una contestazione disciplinare. Prima del Dlgs n. 151/2015 invece l'utilizzo dei controlli a distanza era rigidamente limitato alle esigenze di sicurezza e tutela del patrimonio aziendale. Lo ha chiarito la Cassazione con sentenza n. 32760/2021, respingendo il ricorso di una nota azienda del settore della moda nei confronti di un dipendente sanzionato con un giorno di sospensione dal lavoro e dallo stipendio per aver navigato nella settimana prima di Natale su siti commerciali durante l'orario di lavoro.
Controlli a distanza e privacy dei lavoratori: doppio adeguamento sugli strumenti
L’uso dei dati biometrici come strumenti di accesso all’azienda non richiede un accordo sindacale ma richiede una valutazione di impatto privacy. Il monitoraggio dei costi dei telefoni aziendali richiede sia l’accordo, sia la valutazione di impatto. Sono solo due delle situazioni pratiche nelle quali può trovarsi il datore di lavoro: l’uso di strumenti informatici che possano comportare un controllo a distanza dell’attività lavorativa deve rispettare i paletti dettati dallo Statuto dei lavoratori (come modificato nel 2015) e dal Regolamento Ue sulla privacy, in vigore dal 25 maggio scorso.
Controlli da remoto, è il datore di lavoro l'unico soggetto autorizzato
La titolarità e la responsabilità del trattamento dei dati acquisiti attraverso sistemi di controllo da remoto fanno capo esclusivamente al datore di lavoro. L’Ispettorato del lavoro non può quindi rilasciare il provvedimento autorizzativo, disciplinato dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nelle ipotesi in cui il titolare dei dati acquisiti (immagini o tracciamenti) non coincida con il datore istante.
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Controlli difensivi e indagini su dipendenti infedeli da disporre e proporzionare con rigore
Se si dovessero riassumere ad un non addetto ai lavori i criteri con e per i quali i controlli difensivi possano essere lecitamente disposti, si potrebbe concentrare l'attenzione sulla pronuncia della Grande Camera della Corte di Strasburgo (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, in breve CEDU) del 17 ottobre 2019, per la chiarezza della sintesi che essa consente sull'argomento (a dire il vero, in generale non di agevole inquadramento).
Controlli in azienda e privacy dei lavoratori: seminario online con i crediti formativi per avvocati e privacy officer
L'articolo 41 della Costituzione prevede la libertà di iniziativa economica del datore di lavoro, purché esercitata nel rispetto della libertà e dignità umana. Quindi, il datore di lavoro detta le regole per l'esecuzione e la disciplina del lavoro, e ha il potere di controllare che l'attività lavorativa dei dipendenti sia eseguita conformemente alle direttive da lui impartite, e ciò avviene sempre più spesso attraverso tecnologie informatizzate e sistemi di Intelligenza Artificiale che comportano anche decisioni automatizzate. Organizzato un seminario online per il 20 aprile 2023.
Controllo della navigazione internet, non basta l'accordo sindacale: il lavoratore deve essere adeguatamente informato
In un recente provvedimento (13 maggio 2021 – doc. web. N. 9669974) l’Autorità Garante ha sanzionato un Comune per aver implementato un sistema di controllo della navigazione in internet senza aver reso ai lavoratori una informativa ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento UE 679/2016. Il caso affrontato dal Garante ha preso spunto da una sanzione disciplinare irrogata a un lavoratore pubblico che utilizzava il computer del Comune, per finalità non lavorative. In particolare, per aver consultato Facebook, Youtube e altre pagine web.
Controllo indiscriminato dei lavoratori, Comune sanzionato dal Garante per monitoraggio occulto della navigazione web dei dipendenti
La protezione delle informazioni personali e il rispetto della vita privata vale anche nel pubblico impiego dove permane, comunque, una ragionevole aspettativa di riservatezza. Questo è uno dei principi ribaditi nel provvedimento del Garante Privacy n. 190 del 13 maggio 2021 con il quale ha irrogato una sanzione da 84 mila euro al Comune di Bolzano per aver tratto illecitamente i dati dei propri dipendenti in violazione degli artt. 5, 6, 9, 88 e 35 del GDPR, nonché 113 e 114 del Codice Privacy.