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Niente danni se non si prova la gravità delle conseguenze provocate dalla diffusione di dati personali

Dalla lesione del diritto alla privacy scaturisce il diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali solo se si dimostra la gravità e la serietà delle conseguenze patite dall'illegittima circolazione dei propri dati personali. Ciò in ossequio al principio costituzionale di solidarietà derivante dall'articolo 2 della Carta. La Cassazione, con la sentenza n. 29982/2020, ha perciò respinto la richiesta di ristoro avanzata in base alla tesi che l'illegittima diffusione di dati personali determini automaticamente un danno non patrimoniale senza necessità di dimostrare le gravi e serie conseguenze chevil titolare abbia patito.

Se il danno sui dati personali non è dimostato il giudice respinge la richiesta di risarcimento


Il contenzioso era sorto per la diffusione alla polizia giudiziaria, da parte del direttore amministrativo di una scuola, di notizie su inadempimenti nello svolgimento del lavoro da parte di un collaboratore scolastico che aveva denunciato per diffamazione una collega.

Per quanto non si trattasse di veri e propri procedimenti disciplinari si trattava comunque di rilievi e richiami orali coperti dal diritto alla privacy, ma che potevano essere considerati lecitamente diffusi se necessari arealizzare la leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche.Tale collaborazione deve comunque essere commisurata ai profili di pertinenza, proporzionalità e coerenza con i fini istituzionali. Inoltre, non era stata dimostrata, ma anzi esclusa la partecipazione attiva del dirigente alla diffusione nell'ambiente di lavoro delle notizie "disiciplinari" sul ricorrente .

Tali notizie - afferma il dirigente controricorrente - erano state date alla polizia in una conversazione telefonica al fine di sondare l'attendibilità del collaboratore scolastico che aveva sporto denuncia contro la collega. Tale finalità e la richiesta da parte della polizia giudiziaria sarebbero dovute essere accertate dai giudici di merito per escludere l'illegittimità della condotta del dirigente. Ma, come spiega la Cassazione, il rigetto della domanda di danni si fondava sulla mancata dimostrazione del danno il che rappresenta una ragione autonoma e sufficiente per la decisione negativa.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 5 gennaio 2021

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