La registrazione occulta della riunione aziendale non è cedibile ai colleghi di lavoro
La registrazione occulta della riunione aziendale da parte di un lavoratore con cessione, a distanza di due anni, ad altri colleghi costituisce un trattamento illecito di dati personali. L’utilizzo della registrazione da parte dei colleghi in un autonomo contenzioso contro il datore realizza un comportamento altrettanto illecito e comporta una sanzione pecuniaria a loro carico in base al Regolamento UE 2016/679 (articoli 58 e 83).
Il Tribunale di Venezia (sentenza 2 dicembre 2021) ha raggiunto queste conclusioni osservando che i lavoratori cui la registrazione era stata ceduta non avevano partecipato alla riunione in cui erano state raccolte le conversazioni. Inoltre, non era emerso che il responsabile della registrazione potesse vantare l’esistenza di proprie esigenze difensive nei confronti del datore. Infine, la conservazione per due anni della registrazione prima di essere utilizzata da altri colleghi in un personale contenzioso contro lo stesso datore violava i principi del Regolamento UE 2016/679 sul trattamento dei dati personali, posto che essa richiede un interesse qualificato assente nel caso concreto.
Il Tribunale non nega, e anzi conferma, che la registrazione in ambito aziendale di conversazioni a insaputa dei colleghi è un legittimo strumento di raccolta delle prove, laddove il lavoratore abbia subito la lesione di un diritto o veda minacciata la propria posizione aziendale. Il giudice richiama l’indirizzo della cassazione per cui la registrazione occulta è lecita se risulta funzionale «per precostituirsi un mezzo di prova» ed è «pertinente alla tesi difensiva». Tuttavia, la registrazione si deve muovere in questi ristretti ambiti e non eccedere la finalità di strumento di difesa da poter utilizzare in un contenzioso a fronte della minaccia o della lesione ad un diritto.
Nel caso esaminato le finalità difensive non sono state rinvenute, perché la conversazione aziendale registrata dal lavoratore non è stata utilizzata per precostituire un mezzo di prova nel suo interesse, bensì da altri colleghi che neppure avevano preso parte all’incontro. Ad aggravare la violazione e rendere necessaria (anche) l’irrogazione della sanzione pecuniaria, soccorre l’ulteriore circostanza per cui, in spregio ai limiti posti dalla normativa comunitaria all’archiviazione dei dati personali, la registrazione della riunione è stata conservata per due anni e, infine, ceduta ad altri lavoratori estranei alla conversazione.
In un contesto giurisprudenziale che ha legittimato la registrazione senza consenso delle conversazioni con i colleghi in presenza di finalità autenticamente difensive, la sentenza si fa apprezzare perché chiarisce che il suo utilizzo come mezzo di prova è strettamente confinato al legittimo interesse del titolare del trattamento (ovvero il lavoratore che effettua la registrazione) a fronte di un pregiudizio subito alla propria posizione aziendale.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 21 dicembre 2021