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Diffamazione via web, competente il giudice dove è domiciliato l'imputato

Il giudice competente in caso di diffamazione via web va individuato con criterio del luogo del domicilio dell'imputato. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza del 12 gennaio 2021 n. 854 che ha confermato questo importante principio, quanto mai attuale in questo particolare periodo storico, nel quale a causa delle limitazioni sociali, il web è indiscusso protagonista.

giudici della cassazione


Il ricorrente proponeva impugnazione avverso la sentenza della Corte di Appello la quale, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale, attenuava la pena (concedendo la prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante) e confermava nel resto la responsabilità dell'imputato in ordine al delitto di diffamazione.

In particolare, all'imputato veniva ascritto di aver rilasciato dichiarazioni lesive dell'onore altrui (i) in un'intervista andata in onda su una rete locale pugliese, (ii) in una conferenza stampa pubblicata sul un sito web e (iii) in un articolo comparso sullo stesso sito.

I Giudici territoriali, sul presupposto che la condotta avvenuta per prima fosse consistita nell'intervista trasmessa sul canale televisivo sopra citato, davano applicazione alla peculiare disciplina, derogatoria rispetto ai criteri generali fissati dal codice di rito, prevista dall'articolo 30 della legge 6 agosto 1990 n. 223 per il reato di diffamazione commesso mediante attribuzione di un fatto determinato attraverso trasmissioni televisive e radicavano dunque la competenza presso il luogo di residenza della persona offesa.

L'imputato, mediante il primo motivo del ricorso (assorbente rispetto agli altri), denunciava la violazione di legge in relazione agli articoli 8, 9 e 10 del Cpp nonché vizio di motivazione in ordine alla competenza per territorio.

Più specificamente, il ricorrente evidenziava che i Giudici di merito avessero fondato l'applicazione della norma sull'errato presupposto storico – evincibile, a sua volta, da una palese illogicità e mancanza nella motivazione – della priorità temporale della trasmissione televisiva rispetto alla pubblicazione delle dichiarazioni dell'imputato in internet. Dando conto di come dagli atti prodotti nel corso del giudizio emergesse l'esatto contrario (ovverosia che la trasmissione televisiva dell'intervista era stata successiva rispetto alla pubblicazione sul web delle dichiarazioni dell'imputato), il ricorrente sottolineava le ricadute sulla competenza per territorio. Secondo la norma, dovendosi individuare, tra più reati di pari gravità, quello commesso per primo nella ipotizzata diffamazione via internet, il luogo in cui individuare il giudice naturale precostituito per legge risultava, in applicazione dell'articolo 9, comma 2, del Cpp, il luogo di domicilio dell'imputato.

La Sezione V, accogliendo le doglianze del ricorrente e richiamando il consolidato orientamento di legittimità (ben espresso in Cass. Pen., sez. I, sent. n. 16307 del 15.03.2011), ha confermato che la competenza per territorio in ordine al reato di diffamazione commesso tramite la rete internet deve andare determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell'imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall'articolo 9, comma 2, Cpp.

Peraltro, ha proseguito la Corte di cassazione, nella specie la competenza sarebbe stata da radicare anche facendo applicazione del diverso criterio suppletivo di cui all'articolo 9, comma 1, Cpp, in virtù del quale, in ipotesi di diffamazione via web, ove non sia possibile stabilire il luogo di consumazione del reato la competenza territoriale va radicata in relazione al luogo ove è avvenuta parte dell'azione, ovverosia nel luogo in cui il contenuto diffamatorio è stato caricato e immesso in rete (Cass. Pen., sez. V, sent. 8482 del 23.01.17).

Sulla base di tali enunciazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza della Corte di Appello.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 14 gennaio 2021

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