Data retention: impatto critico sui procedimenti penali già aperti
Una fase transitoria tutta da chiarire, che potrebbe anche fare ritenere opportuno un nuovo rinvio alla Corte di giustizia per decidere la sorte dei tabulati telefonici già acquisiti, ma sulla base di una disciplina oggi non più in vigore, ma poi anche indicazioni sulla natura degli indizi che giustificano la domanda di acquisizione da parte del pm e sulla rilevanza per le indagini, in maniera diversa da quanto previsto per le intercettazioni. Il Massimario della Cassazione fissa contenuti e criticità della nuova disciplina della data retention, introdotta da poche settimane con il decreto legge n. 132 del 2021.
Particolarmente discussa è la sorte dei tabulati già acquisiti al momento dell’entrata in vigore del decreto, anche perché, nella bozza del testo in entrata il punto era stato espressamente disciplinato, nella versione approdata infine in «Gazzetta» questa parte è assente. Una prima soluzione, fondata sulla considerazione della natura processuale della data retention, esclude qualsiasi ipotesi di retroattività sulla base del principio tempus regit actum. Le nuove disposizioni procedurali si applicherebbero perciò solo a partire dal 30 settembre, data di operatività dell’intervento, mentre i dati esterni di traffico già confluiti nel fascicolo del pm o del dibattimento, sarebbero pienamente utilizzabili.
Un’altra strada conduce a una sorta di «inutilizzabilità comunitaria», perché fondata sulla sentenza del 2 marzo scorso della Corte di giustizia Ue che ha mandato in crisi il nostro sistema e reso necessario il decreto legge. I dati acquisiti allora sarebbero, almeno da marzo, privi di base legale e si renderebbe necessaria, per il loro utilizzo, l’adozione di una procedura di rinnovazione dell’acquisizione alla luce della nuova disciplina; in caso contrario la loro inutilizzabilità sarebbe evidente.
Ultima possibilità, per risolvere i dubbi sull’utilizzo dopo il decreto legge, la strada di un rinvio alla Corte di giustizia Ue per decidere la sorte dei procedimenti pendenti al 30 settembre.
Sull’esistenza di «sufficienti indizi» che ora devono corroborare la domanda della pubblica accusa, il Massimario della Cassazione osserva che si deve trattare di indizi sull’esistenza di un reato e non piuttosto sulla colpevolezza di un determinato soggetto. Pertanto non è necessario per potere procedere che esistano elementi di colpevolezza a carico di un soggetto già identificato o della persona le cui conversazioni devono essere controllate per lo svolgimento delle indagini.
E neppure ai sufficienti indizi di reato deve essere attribuita una connotazione preventiva di prova anche solo in prospettiva. «Ciò che è dirimente è, nell’ambito della sufficienza indiziaria, di un fatto storico integrante una determinata ipotesi di reato».
Quanto poi alla rilevanza per le indagini, il Massimario sottolinea la differenza con la disciplina delle intercettazioni, valorizzando il requisito della proficuità/opportunità dell’esame dei tabulati per le indagini, ma anche la loro necessità.
Fonte: Il Sole 24 Ore del 15 ottobre 2021