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Body shaming: deridere chi non vede bene su Facebook è diffamazione

Body shaming sui social? È diffamazione. E a contare non sono solo le parole ma anche le emoticon che accompagnano il post condiviso su Facebook. È quanto emerge dalla sentenza con cui la quinta sezione penale della Cassazione (n. 2251/2023) ha confermato la condanna per il reato di cui all'articolo 595, terzo comma, c.p., nei confronti di un uomo che aveva pubblicato un post derisorio su Facebook.

Linea dura della Cassazione sul "body shaming" via social. Contano anche le "emoticon" che accompagnano il post derisorio

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