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Videosorveglianza: un rivoluzionario software-spia permette di intromettersi nelle telecamere e modificare le immagini

Se finora abbiamo pensato che i sistemi di videosorveglianza fossero i migliori strumenti di cui possiamo disporre per incastrare ladri e identificare delinquenti, d’ora in poi non potremo più prendere per oro colato neanche le immagini riprese dalle telecamere installate a protezione di aree pubbliche e private. A farci perdere ogni certezza sull’affidabilità dei nostri impianti di sorveglianza è infatti la notizia di un nuovo software in grado di accedere in modo occulto a tutte le videocamere, modificare le immagini riprese in tempo reale e, addirittura alterare le registrazioni del passato, senza che nessuno possa accorgersi della manipolazione.

Ora con uno spyware è possibile manipolare anche i sistemi di videosorveglianza

In pratica, un malintenzionato potrebbe introdursi nella nostra abitazione “protetta” da un sistema di videosorveglianza per compiere un furto o qualche altro atto criminale, ma quando poi noi scopriamo l’accaduto e andiamo a rivedere le immagini registrate dalle telecamere non risulterebbe alcuna traccia del furfante, al quale sarà bastato utilizzare il software per riuscire a cancellare ogni sua immagine dall’archivio, proprio come se in casa nostra non ci fosse mai entrato.

Quello che è probabilmente il primo software al mondo di questo tipo, è stato realizzato dalla società Toka, una start-up di Tel Aviv fondata dall’ex premier israeliano Ehud Barak e dall’ex capo della divisione informatica dell’esercito israeliano, Yaron Rosen.

Secondo l’inchiesta condotta dal quotidiano israeliano Haaretz, questo rivoluzionario software-spia sarebbe anche facile da usare, in quanto basta selezionare l’area geografica di interesse per riuscire a intromettersi in telecamere tradizionali e webcam dell’impianto di videosorveglianza di un palazzo istituzionale, di un hotel, o di un’abitazione privata. Una volta entrati nel sistema, è possibile vedere in diretta cosa viene ripreso dalle videocamere “hackerate”, ma anche di mostrare ai titolari del sistema di videosorveglianza ciò che si vuole, e quindi anche persone e scene diverse da quelle reali.

Niente di ciò che il titolare vede in tempo reale potrebbe corrispondere a quello che accade effettivamente, e anche i filmati successivamente visionati dalle autorità per svolgere le loro indagini potrebbero essere stati manipolati ad arte con questo avanzato strumento tecnologico per scagionare il colpevole di un reato o condannare un innocente al suo posto.

Stando a quanto riporta la stessa Toka sul proprio sito web, l’ingegnoso software-spia può essere venduto esclusivamente per utilizzi di intelligence a organizzazioni governative, servizi segreti, forze dell’ordine ed eserciti stranieri, e trai principali clienti vi sono Stati Uniti, Germania, Australia e Singapore, anche se a quanto pare la società israeliana farebbe affari anche con Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Regno Unito, Grecia e Canada.

Sebbene in qualche misura il fatto che la vendita di certi strumenti tecnologici sia limitata a enti governativi dovrebbe rassicurare, un recente rapporto dell’ONU avverte però che c’è il concreto rischio che possano finire nelle mani sbagliate: “Anche se si presume siano usati per combattere il terrorismo e la criminalità, gli strumenti spyware sono stati spesso impiegati per motivi illegittimi, anche per reprimere le opinioni critiche o dissenzienti e direttamente su coloro che le esprimono, compresi i giornalisti, le figure politiche dell’opposizione e i difensori dei diritti umani”.

Per questo, l’Alto Commissario ad interim per i diritti umani delle Nazioni Unite, Nada Al-Nashif, ha spiegato: “Le tecnologie digitali portano enormi benefici alle società, ma la sorveglianza pervasiva ha un costo elevato, perché mina i diritti e soffoca lo sviluppo di democrazie vibranti e pluralistiche. In sintesi, il diritto alla privacy è più a rischio che mai”.

Tale contesto rende quindi urgente una regolamentazione efficace basata sul diritto e sugli standard internazionali in materia di diritti umani, e secondo il rapporto delle Nazioni Unite, la priorità attuale sarebbe quella di sospendere la vendita dei software-spia (spyware) fino a quando non sarà definito un chiaro e ristretto perimetro d’utilizzo.

Ma questo alla società israeliana che continua a pubblicizzare il software in grado di manipolare le immagini delle telecamere non sembra importare più di tanto.

di Nicola Bernardi (Nòva Il Sole 24 Ore)

Note sull'Autore

Nicola Bernardi Nicola Bernardi

Presidente di Federprivacy. Consulente del Lavoro. Consulente in materia di protezione dati personali e Privacy Officer certificato TÜV Italia, Of Counsel Ict Legal Consulting, Lead Auditor ISO/IEC 27001:2013 per i Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni. Twitter: @Nicola_Bernardi

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