Shopping, basta un solo acquisto per dire addio alla privacy
I saldi sono appena iniziati e, presto o tardi, milioni italiani finiranno per dare un'occhiata alle vetrine dei negozi. Per oltre un mese i centri commerciali si trasformeranno in una calamita che, però, non è solo in grado di attrarre appassionati di shopping e clienti a caccia di occasioni imperdibili, ma anche i loro dati.
Grazie agli smartphone, a volte anche senza un consenso esplicito, i negozi di piccoli e grandi marchi possono ottenere informazioni non solo su quali dei loro prodotti interessano di più ai clienti ma anche sui loro spostamenti, su quali siti web visitano e i loro dati sensibili. Una profilazione che sebbene sia meno nota rispetto a quella che avviene quando si naviga in rete, risulta essere altrettanto accurata.
Il più delle volte si nasconde dietro la richiesta da parte dei negozianti di scaricare una app sullo smartphone (magari per poter usufruire di qualche offerta) oppure dietro alla connessione wifi gratuita messa a disposizione all'interno dei centri commerciali. Bastano pochi passaggi infatti, per diventare protagonisti del cosiddetto monitoraggio attivo. Sarà capitato a chiunque, tentando di accedere al wifi di un negozio, di imbattersi in un portale captive, vale a dire in una pagina web che viene visualizzata solo al primo tentativo di connessione.
Lì vengono richieste informazioni personali, come un indirizzo e-mail, e l'accettazione di termini e condizioni prima di utilizzare effettivamente il wifi. Solo dopo aver eseguito questi passaggi la connessione alla rete è stabilita, ma lo è anche quella tra i nostri dati e le cosiddette terze parti o partner, aziende che li acquistano per farne quello che vogliono.
E se si dovesse scegliere di usare il profilo Facebook o Twitter per accedere velocemente, si potrebbe anche aver dato a questi soggetti interessati ogni informazione mancante per completare il profilo, dal nome anagrafico alla residenza, fino al datore di lavoro. Ad esempio, questa connessione può fornire informazioni sulla posizione all'interno dei negozi permettendo ai venditori di conoscere il tempo che un cliente trascorre a guardare delle scarpe oppure dei maglioni, tracciando in questo modo un profilo di ciò che lo interessa.
Allo stesso modo i gestori delle reti non solo possono sapere quali siti web ha visitato il dispositivo connesso al loro servizio ma potrebbero anche installare su di esso dei cookie - con il nostro consenso, spesso inconsapevole - sul browser utilizzato per navigare in Internet e quindi rintracciare le abitudini di spesa del consumatore anche tempo dopo che questo ha lasciato il negozio.
E non è neppure detto che serva usufruire di un servizio, come nel caso della connessione gratuita, per incappare in questo meccanismo. Per definire la posizione del cliente basta utilizzare il bluetooth dello smartphone, all'insaputa del proprietario. La tecnologia beacon consente ai dispositivi di trasmettere e ricevere piccoli messaggi entro brevi distanze, senza autorizzazione. Basta che il bluetooth sia attivo perché lo smartphone venga localizzato definendo l'intenzione d'acquisto del cliente oppure perché vengano inviate a offerte mirate.
In pratica ad oggi i negozi sono in grado di creare un profilo degli acquirenti che fisicamente li visitano, integrandoli con informazioni sulla disponibilità economica, con la cronologia di navigazione e con decine di altri flussi di dati. Una biografia del consumatore tracciata che è fondamentale per il cosiddetto marketing predittivo. Vale a dire per sottoporre al cliente i prodotti che si pensa possano interessargli. Il tutto in regola con il Gdpr, il regolamento europeo per la privacy, perché le informazioni sono raccolte con l'autorizzazione del visitatore del negozio attraverso l'accettazione di termini e condizioni e soprattutto sono trattate in maniera anonima.
Questi dati infatti non vengono associati al nome o al volto di una persona ma ad un'identità fittizia. Una sorta di codice che però è collegato allo smartphone e di fatto rende il cliente riconoscibile e raggiungibile da messaggi pubblicitari mirati del negozio di cui ha sfruttato il wifi oppure dei partner a cui questo ha ceduto le informazioni.
Fonte: Il Messaggero