Verso l’euro digitale come necessità della Digital Age: nuova tappa di un nuovo mondo in costruzione che potrebbe richiedere un ripensamento del GDPR
In un importante intervento al Commitee on Economic and Monetary Affairs del Parlamento europeo dedicato ai progressi del progetto per la costruzione dell’euro digitale tenutosi il 22 settembre di quest’anno, Fabio Panetta, membro del Comitato Esecutivo della BCE, ha in pratica affermato che l’istituzione dell’euro digitale è sostanzialmente ineludibile.
(Nella foto: Francesco Pizzetti, Presidente emerito del Garante per la protezione dei dati personali. Ha guidato l'Autorità dal 2005 al 2012)
L’intervento è molto importante perché avviene dopo un biennio di analisi del tema e perché ha lo scopo, del tutto chiaro, di preparare il terreno legislativo al conferimento all’euro digitale dello status di moneta con corso legale.
È vero, infatti, che l’iniziativa spetta alla Commissione ma una proposta organica sul tema è attesa per il 2023, dopo che già nel 2022 e ha aperto una consultazione pubblica sull’euro digitale.
Il tema è di grande interesse sia in sé sia perché costituisce un ulteriore conferma del fatto che siamo ormai entrati nell’epoca digitale, dalla quale per molto tempo non usciremo, e dunque moltissime sono le relazioni tra gli esseri umani che devono trovare nuove regole nell’ambito di questa società.
In questo senso, con riguardo cioè alle relazioni fra i consociati, la moneta soddisfa tre esigenze essenziali:
1) costituisce mezzo di scambio, consentendo il pagamento di un valore accettato dal mercato;
2) rappresenta una unità di conto che consente di attribuire un prezzo a beni e servizi;
3) consente di costituire una riserva di valore che si conserva nel tempo anche per usi futuri.
Come tutti sanno nella zona Euro oggi esistono solo due forme di moneta: una fisica, che i cittadini possono portare in tasca, costituita da banconote e monete metalliche, prodotta dalle Banche centrali degli Stati aderenti alla moneta unica. Questa moneta può essere ed è usata come oggetto di scambio (e dunque come mezzo di pagamento) tra cittadini e imprese per ogni pagamento;
Il secondo tipo di moneta è invece quella usata dalle banche commerciali e è costituta dalle loro riserve presso la BCE.
Con l’istituzione dell’euro digitale ci sarà una terza forma di moneta che unirà in sé e caratteristiche della moneta fisica e quelle delle riserve digitali presso la BCE, Caratteristica essenziale dell’euro digitale sarà quella di poter essere usata da tutti anche per i pagamenti al dettaglio, come oggi avviene per il contante.
Si potrebbe osservare che già oggi conosciamo carte di credito e bancomat che agli occhi degli utenti funzionano sostanzialmente come moneta digitale.
Occorre tenere presente però che tanto la carta di credito quanto i bancomat richiedono che esista un conto presso una banca commerciale: dunque non sono strumenti che scambiano moneta digitale ma strumenti che scambiano moneta tradizionale contenuta nei conti preso le banche commerciali.
L’euro digitale invece è una nuova forma di moneta, a carattere digitale appunto, emessa direttamente dalla BCE.
L’emissione di moneta digitale avviene già in altri Paesi. La Cina sta testando l’e-yuan anche fra la popolazione cinese residente in grandi città e l’effetto è stato che già il 16% del PIL è costituito da acquisti operati attraverso dispositivi mobili mentre negli USA e in UK, anch’essi alle prese con prime sperimentazioni di moneta digitale, solo l’1% del PIL è prodotto da acquisti operati con dispositivi mobili.
L’uso della moneta digitale è particolarmente attrattivo per le popolazioni che vivono in zone rurali e non hanno conti in banca, il che spiega l’interesse cinese pe questa forma di moneta.
La Russia sembra aver fissato per il 2023 la messa a disposizione dei cittadini del rublo digitale, all’inizio essenzialmente attraverso forme di sperimentazione.
Ovviamente la BCE segue con attenzione questo fenomeno. Una delle idee sulle quali le Banche centrali sono più impegnate è, secondo quanto detto da Panetta, proprio l’emissione di valute digitali (le c.d. central bank digital currency CBDC). Queste valute infatti sembrano fornire benefici in termini di scalabilità della loro efficienza, di liquidità e di sicurezza. Tutti aspetti, questi, che ne favoriscono l’interesse a livello internazionale oggi e globale domani. Inoltre queste valute renderebbero più facili i pagamenti transfrontalieri, aumentando il ruolo di queste monete come mezzi di pagamento globale.
È evidente che in questo quadro non avere l’euro digitale potrebbe indebolire il valore dell’euro e la sua attrattività, con evidenti riflessi sulla sovranità del sistema UE.
Inoltre la UE vuole evitare che l’espansione di modalità di pagamento digitale non europee e tecnologie gestite da operatori non risiedenti nel territorio UE possa avere una espansione dominante nel nostro mercato dei pagamenti, ripetendo e dilatando quanto già avviene nel mercato dei pagamenti con carte di credito e dei pagamenti on line. Si tratta di una rischi molto concreto, aumentato oggi dalla diffusione dei mezzi di pagamento offerti dalle Big Tech (si pensi alla moneta digitale di Facebook).
Tutto questo detto, va sottolineato però che l’intervento di Panetta è stato incentrato essenzialmente sull’impatto dell’euro digitale sul mercato finanziario.
Il rischio è che l’euro digitale, una volta emesso, possa diventare oggetto di accaparramento in una logica di speculazione. Ad evitare questo si sta pensando:
1) a porre limiti alla quantità di euro digitali che possono essere detenuti;
2) a forme di remunerazione differenziate che possano penalizzare, con tassi meno appetibili, la detenzione di moneta digitale oltre certi livelli.
In ogni caso, come ha sottolineato Panetta, l’adozione dell’euro digitale da parte dei cittadini sarebbe graduale e durerebbe anni, consentendo così di calibrare gli strumenti indicati e di effettuare man mano aggiustamenti sulla base dell’esperienza.
Resta vero che l’adozione dell’euro digitale legale, emesso dalla BCE (e per questo del tutto differente di bitcoin il cui controllo sfugge totalmente alle banche centrali e che, tra l’altro, richiedono consumi energetici sempre più insostenibili, che aumentano il costo dell’uso di questi mezzi di pagamento) preoccupa il sistema finanziario tradizionale, che vede il rischio della marginalizzazione delle carte di credito e dei bancomat e, in parte, del ruolo stesso delle banche. Panetta ha cercato di rassicurare su questo punto ma il problema è, con tutta evidenza, di ampio rilievo.
Infine il problema più importante riguarda il tracciamento dei pagamenti, che pure Panetta affronta solo quasi marginalmente. (Vedasi il Rapporto "Progress on the investigation phase of a digital euro")
I sistemi di pagamento digitale comportano infatti la possibilità di tracciare tutti i pagamenti, anche quelli di importo minimo.
Nascono quindi evidenti problemi di protezione dei dati personali relativi ai pagamenti stessi o, se si preferisce, nasce il problema di assicurare un adeguato grado di riservatezza dei dati personali, compatibile col GDPR.
Si tratta di un problema sul quale meriterà tornare perché è evidente che la evoluzione della società digitale, per quanto a suo tempo prevista dal GDPR, comporta l’uso e la circolazione di una quantità di dati sempre più rilevante e con modalità sempre più innovative. Le nuove tecnologie, e la stessa spinta della UE a garantire la più ampia circolazione e messa in comune dei dati nell’ambito del territorio e del sistema economico UE, fanno intravedere la necessità che nei prossimi anni (anni, non decenni) la UE possa essere interessata a rivedere l’architettura e i principi basici del GDPR per costruire un sistema regolatorio coerente e attuabile a protezione di tutti i dati e, soprattutto, delle loro modalità di trasmissione.
Lo stesso Digital Package Act, ampiamente incentrato proprio sulla messa in comune dei dati nell’ambito del sistema economico europeo, rende già oggi del tutto evidente la necessità di un ripensamento di ampie parti del GDPR. Su questi problemi si tornerà presto perché essi diventeranno assolutamente centrali a seguito della entrata in vigore del Data Governance Act (DGA) e del Digital Markets Act (DMA), prevista per il prossimo anno.
Per quanto riguarda invece l’euro digitale, tema certamente ben più maturo come appunto Panetta sottolinea, merita ricordare che il 18 giugno 2021 lo European Data Protection Board (EDPB) ha inviato, a firma della sua Presidente Andrea Jellinek, una lettera proprio allo stesso Panetta, nella sua qualità di coordinatore delle consultazioni poste in atto dalla BCE sull’euro digitale, per offrire la propria collaborazione proattiva a individuare modalità di regolazione dell’euro digitale rispettose del GDPR, assicurando la sua piena disponibilità a fornire anche in futuro ogni supporto alla BCE.
(Nella foto: Andrea Jellinek, presidente dell'European Data Protection Board)
I punti centrali della lettera del 18 giugno 2021 sono sostanzialmente due: il primo quello di sottolineare in modo ripetuto la necessità da parte degli operatori dia adeguate forme di Impact Assesment prima della adozione dei sistemi di trattamento dei dati connessi all’euro digitale. Il secondo aspetto, strettamente connesso all’altro, è poi la sottolineatura della necessità di utilizzare a fondo lo strumento della privacy by design e by default, previsto dal GDPR proprio per dare sostanza al principio della accountability e della responsabilità dei titolari per i trattamenti relativi ai dati personali.
Il secondo punto di particolare interesse nella lettera del 18 giugno 2021 riguarda il fatto che lo EDPB raccomanda di prevedere forme di transazione della moneta digitale anche off line o almeno senza ricorso a reti digitali accessibili a tutti in UE. Inoltre raccomanda che, ove ciò non fosse possibile, siano previste forme di pseudononimizzazione in grado di mitigare i rischi.
Di grande interesse è inoltre la parte in cui la lettera consiglia di esplorare la ipotesi dell’uso di tokens che consentano l’archiviazione e la conservazione locale dei dati. Questi tokens dovrebbero poi, previa adozione di misure di sicurezza adeguate, poter essere interconnessi con un intermediario incaricato della distribuzione degli euro digitali che provveda a rifornire di digital currency i wallets o i devices degli interessati man mano che essi facciano uso della moneta digitale messa a loro disposizione.
La nota dello EDPB, ancora volutamente piuttosto generica rispetto alle soluzioni adottabili, apre scenari di grande interesse e segnala la piena disponibilità delle Autorità di protezione dei dati personali a operare come vigilatori e consultori rispetto a qualunque uso dei dati, nella consapevolezza che nella società digitale ben raramente i dati circolanti non hanno riflessi diretti o indiretti sulla privacy delle persone.
Insomma, il discorso di Panetta, dal quale abbiamo preso le mosse, ci mette ancora una volta di fronte agli enormi mutamenti in atto nella società digitale e sull’importanza sempre crescente (e destinata a crescere sempre di più) dei trasferimenti dei dati e del loro scambio nella società digitale.
Inoltre conferma che i cambiamenti sono e saranno sempre più di enorme portata, riguardando tutti i settori del vivere sociale degli esseri umani.
In sostanza, e in conclusione, l’euro digitale è solo una ulteriore tappa dell’evoluzione di una società in continuo e costante cambiamento, nella quale i dati scambiati e circolanti sono sempre più il cemento a presa forte delle strutture che stiamo costruendo.