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L’arresto a Parigi di Pavel Durov, il fondatore di Telegram, dovrebbe essere interpretato anche da una prospettiva tecnologica, che può riassumersi così: le Big Tech, indipendentemente dalla loro nazionalità, quando progettano un prodotto o un servizio, devono prevedere la possibilità di commettere illeciti e consentire alle autorità l’accertamento di un reato?

Quando ci troviamo di fronte ad un titolare d’impresa che deve adeguarsi alla normativa Gdpr, nell’80% dei casi sentiamo ripetere la stessa frase: “…Ma chissà quali dati avrò io da proteggere! Noi non sappiamo le cose dei privati…”.  In questi casi, riusciamo a far capire che è importante proteggere le informazioni portando l’interlocutore a livellare il valore del patrimonio aziendale (Know-How) - tipicamente di maggior interesse per l’imprenditore - con il valore del dato personale, protetto così bene dalla normativa.

Un solo codice di condotta privacy, 655 sanzioni e misure correttive, 352 pareri (in maggioranza ad autorità pubbliche): sono alcuni dei numeri che descrivono uno spaccato di quasi quattro anni di operatività del Gdpr (regolamento Ue sulla protezione dei dati n. 2016/679). Un bilancio è quasi d'obbligo in occasione della ricorrenza dei 25 anni di insediamento del Garante per la protezione dei dati, che ha aperto i battenti il 17 marzo 1997. Da allora molte cose sono cambiate:

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Un gruppo su WhatsApp può esistere senza che nessuno sia a conoscenza della sua esistenza, di chi siano i suoi membri o di ciò che viene condiviso. Per cominciare a comprendere meglio il ruolo che ha assunto durante la pandemia il servizio di messaggistica più popolare del mondo si deve partire proprio dalla percezione di segretezza che hanno i suoi utenti. A differenza di Twitter, Facebook e delle altre piattaforma di social media, WhatsApp è progettato per proteggere la privacy. E non è una differenza da poco.

Il fenomeno della trasformazione digitale è un processo che coinvolge aspetti materiali ed organizzativi del mondo delle aziende: Machine Learning, Cloud Technology, Internet of Things, Artificial Intelligence, Big Data diventano i termini protagonisti di un nuovo vocabolario, di un nuovo modello di business, di un nuovo approccio al lavoro. La trasformazione all'interno delle aziende riflette il profondo mutamento del sistema di interazione e connessione tra le persone fisiche, c.d. smart system, un sistema fluido in cui, nelle abitudini di vita e di consumo, sfumano sempre più i confini tra fisico e virtuale.

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Un tempo la parola fatata era “Sim sala bim” e chi – bambino negli anni settanta – era affascinato dai giochi di prestidigitazione di Silvan sa che quell’espressione significa “Che la magia si compia”. Oggi l’attenzione è concentrata su “Sim swap scam”, dizione legata ad una terrificante dinamica fraudolenta che fa perno sulla telefonia mobile e semina il panico tra chi adopera il proprio smartphone non solo per telefonare.

Timeo Danaos et dona ferentes, sono le parole che Virgilio fa pronunciare a Laocoonte, per dissuadere, senza successo, i Troiani dall’accogliere nella città il cavallo di legno lasciato dai Greci. Sono parole che, egualmente senza successo, qualcuno magari avrà pronunciato – o avrebbe dovuto pronunciare – al Governo ucraino quando ClearviewAI, la società di riconoscimento facciale che batte bandiera americana, gli ha offerto gratuitamente i propri servizi per – stando a quanto ha riferito tra le prime la Reuters – “scoprire assassini russi, combattere la disinformazione e identificare i morti”.

Mezz’ora non basta per leggere l’informativa sulla privacy di Facebook o quella di Google. Sono settemila parole – una più, una meno – per ciascuna. Un fiume di inchiostro digitale che dovrebbe rispondere alla funzione essenziale di dirci chi farà cosa con i nostri dati personali e, quindi, porci nella condizione di prestare in maniera consapevole il nostro consenso a questo o quel trattamento, che si tratti di marketing, di profilazione commerciale o di condividere questa o quella informazione necessaria a rendere i servizi forniti sempre più rispondenti alle nostre esigenze e desideri.

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Dopo quello del Coronavirus, il contagio che maggiormente ha caratterizzato queste giornate di isolamento è stato certamente quello dell’installazione di software e “app” per eseguire videochiamate e effettuare riunioni a distanza. Tra le soluzioni che vanno per la maggiore c’è “Zoom”, la cui dinamicità non ha faticato a incontrare l’entusiasmo collettivo.Chi non ha esitato ad installare questo strumento probabilmente non ha mai preso in considerazione le possibili controindicazioni che – purtroppo – non mancano davvero.

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Siamo tutti spiati? il presidente di Federprivacy a Cremona 1 Tv

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