NEWS

Il patrimonio dei dati: da risorsa intangibile a asset di bilancio

Nell'era digitale, i dati rappresentano un elemento cruciale per le aziende, non solo come supporto operativo ma anche come potenziale fonte di valore economico. La capacità di monetizzare i dati, ovvero di trasformarli in ricavi o vantaggi competitivi, ha portato alla necessità di considerarli come veri e propri asset aziendali. Tuttavia, l'inclusione dei dati nel bilancio aziendale richiede un'attenta valutazione in conformità ai principi contabili nazionali e internazionali.

La riflessione nasce dal sempre più utilizzato neologismo “data monetization” che si riferisce all'utilizzo strategico dei dati per generare valore economico, sia attraverso l'ottimizzazione dei processi interni che mediante la creazione di nuove opportunità di business. Ad esempio, le istituzioni finanziarie utilizzano i dati delle transazioni dei clienti per migliorare l'offerta di prodotti e servizi, incrementando così i ricavi. Similmente, aziende come Netflix sfruttano i dati relativi ai comportamenti dei propri utenti per personalizzare le raccomandazioni e migliorare l’esperienza cliente, aumentando il tasso di fidelizzazione.

Pertanto l’intuizione degli studiosi della “finanza creativa” dovrà passare dal riconoscimento (non solo teorico) dei dati come asset di bilancio, nella dimostrazione delle condizioni necessarie e sufficienti a soddisfare i criteri di identificabilità, controllo e capacità di generare benefici economici futuri.

Secondo il Framework dello IASB (International Accounting Standards Board), un'attività è identificabile se è separabile o deriva da diritti contrattuali o legali. Inoltre, l'azienda deve avere il controllo sull'attività e prevedere benefici economici futuri derivanti dal suo utilizzo.

Un esempio concreto è rappresentato dalle piattaforme digitali che monetizzano i dati attraverso la pubblicità mirata. Facebook, ora Meta, ha dimostrato come l'uso strategico dei dati degli utenti possa generare miliardi di dollari di ricavi pubblicitari. Tuttavia, la contabilizzazione di tali dati come asset presenta delle sfide, in quanto i costi per la loro acquisizione, manutenzione e gestione devono essere chiaramente identificabili.

I principi contabili internazionali IAS/IFRS, adottati nell'Unione Europea con il Regolamento (CE) n. 1606/2002, forniscono linee guida per la contabilizzazione delle attività immateriali. In particolare, lo IAS 38 disciplina il trattamento delle attività immateriali, stabilendo che un'attività può essere rilevata in bilancio se è probabile che generi benefici economici futuri e il suo costo può essere misurato attendibilmente.

A livello nazionale, i principi contabili OIC 24 e OIC 9 affrontano il trattamento delle attività immateriali e il costo di acquisizione. Tuttavia, le norme italiane sono meno dettagliate rispetto agli IAS/IFRS sulla specifica contabilizzazione dei dati. Una sfida chiave consiste nella quantificazione del valore dei dati, che può dipendere da variabili come la qualità, la disponibilità e il contesto di utilizzo; la difficoltà nel soddisfare questi criteri rende complesso il riconoscimento dei dati come asset di bilancio che richiederebbero comunque l'applicazione di metodologie specifiche ancora da definire.

 Marco Ginanneschi, Dottore Commercialista e Revisore dei Conti

(Nella foto: Marco Ginanneschi, Dottore Commercialista e Revisore dei Conti)

Un criterio da seguire potrebbe essere il metodo patrimoniale che, ad esempio, determina il valore dell'azienda sulla base del valore corrente del suo patrimonio netto rettificato e teoricamente potrebbe permettere un primo approccio tale da essere applicato anche alla valutazione dei dati, considerando il loro contributo al patrimonio aziendale.

Un esempio pratico di valutazione dei dati come asset di bilancio è rappresentato dalle aziende tecnologiche che sviluppano software proprietari. In questo caso, il software, basato su dati specifici, può essere riconosciuto come attività immateriale e valutato in base ai costi di sviluppo sostenuti. Un altro esempio riguarda le società che possiedono database clienti dettagliati, utilizzati per campagne di marketing mirate. Se tali database soddisfano i criteri di identificabilità, controllo e generazione di benefici economici futuri, possono essere riconosciuti come asset di bilancio.

In conclusione è indubbio ormai che il patrimonio dei dati rappresenta una risorsa strategica per le aziende, con potenziali implicazioni significative in termini di data monetization, e riconoscimento come asset di bilancio diventerà una naturale conseguenza. Tuttavia, il processo di riconoscimento e valutazione dei dati come attività immateriali richiede un'attenta considerazione dei criteri stabiliti dai principi contabili nazionali e internazionali, nonché l'applicazione di metodologie di valutazione appropriate.

Le aziende devono quindi adottare un approccio rigoroso nella gestione e valorizzazione dei propri dati, al fine di riflettere accuratamente nel prossimo futuro il loro valore economico nei bilanci aziendali.

Note sull'Autore

Marco Ginanneschi Marco Ginanneschi

Dottore Commercialista e Revisore dei Conti, docente di Budget of Financial Intermediaries presso la Facoltà di Economia della Link Campus University.

Prev Reclami e segnalazioni al Garante Privacy aumentati del 400% in pochi anni: per difendere la democrazia servono più risorse
Next L’Inps si salva dagli hacker ma scivola maldestramente sulla privacy

Vademecum per prenotare online le vacanze senza brutte sorprese

Mappa dell'Italia Puglia Molise Campania Abruzzo Marche Lazio Umbria Basilicata Toscana Emilia Romagna Calabria

Rimani aggiornato gratuitamente con la nostra newsletter settimanale
Ho letto l'Informativa Privacy