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Gli oligopolisti della rete sono i nuovi Stati, e nessuna autorità riesce a regolarli

I risultati del trimestre che si è chiuso il 30 giugno di Alphabet (Google), Apple, Facebook e Microsoft sono da record e superano le previsioni degli analisti. La tragedia che ha messo in ginocchio il mondo ha rafforzato gli oligopolisti delle tecnologie e, probabilmente, ora, la ripartenza sta facendo altrettanto spingendo nella Rete - con la maiuscola e la minuscola - dei signori della pubblicità online l'industry globale che ha bisogno più che mai di promuovere i propri prodotti e servizi dopo mesi di inattività o scarsa attività e che, per farlo, non ha alternative reali.

Alphabet (Google), Apple, Facebook e Microsoft: numeri da record

La rete è ormai diventata un'altra cosa rispetto alle origini, più di 50 anni fa. Quello che Google, Microsoft, Apple, Facebook e Amazon forniscono ai loro utenti non sono più - ormai da tanto - servizi digitali come gli altri e quelli che mettono a nostra disposizione non sono semplici strumenti di comunicazione per quanto evoluti ma, gli uni e gli altri, rappresentano l'infrastruttura portante di un mondo un tempo parallelo a quello reale - quello che si chiamava cyberspazio rapidamente divenuto l'ambito naturale di vita dell'uomo nella dimensione personale, culturale, economica e politica così come in ogni altra dimensione nella quale si sviluppa la società.

I numeri dell ultima trimestrale delle big tech, in fondo, certificano semplicemente questa situazione, sono numeri più facilmente comparabili con quelli del pii di uno Stato che con quelli di altre aziende, aziende delle quali, peraltro, le big tech sono, sempre più di frequente, concorrenti e inevitabili partner commerciali, in assenza di alternative degne di questo nome.

E gli stessi governi hanno con i giganti del digitale un rapporto singolare che, probabilmente, non hanno mai avuto, almeno con questa intensità, con nessun altro soggetto commerciale: devono regolarli, devono vigilare attraverso giudici e autorità che rispettino le regole ma, al tempo stesso, non possono fame a meno, non possono metterli alla porta perché i loro Paesi, probabilmente, si fermerebbero. Esiste, insomma, un rapporto di autentica dipendenza.

E difficile immaginare cosa sarebbe stata la pandemia, in un Paese qualsiasi, diciamo l'Italia, se non fosse stato possibile utilizzare i servizi di Google e Microsoft per la didattica a distanza, quelli di Whatsapp (casa Facebook) per comunicare, gli smartphone e i servizi di Apple per le app di contact tracing, il green pass e centinaia di altre funzionalità di rilievo anche pubblicistico.

Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali

(Nella foto: Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali)

Ma guai a puntare l'indice con tro i giganti del digitale per tante ragioni diverse. Eccone un paio. La prima è che questi numeri sono in buona misura il risultato di idee e progetti pionieristici, di tanto lavoro, ricerca e sviluppo, in una parola, del merito che va riconosciuto a società, oggi diventate protagoniste di mercati forse neppure più contendibili per davvero ma nate piccole e anzi minuscole in mercati che, all'origine, erano praterie nelle quali ci sarebbe stato spazio per tutti.

La seconda è che nella loro vita non sono state molte le volte nelle quali hanno violato le regole del gioco o, per lo meno, gli è stato contestato di averle violate e, quindi, non parliamo di pirati che si sono aggiudicati un tesoro ricorrendo a metodi di dubbia legittimità ma, al massimo, di cercatori d'oro che hanno scoperto per primi una miniera e che oggi la sfruttano, normalmente nel rispetto delle regole, talvolta abusandone come, però, accade a migliaia di altre società in giro per il mondo. Con la differenza, non di poco conto, che l'impatto di una violazione delle regole di una delle big tech ha una magnitudine non paragonabile a quello di una violazione commessa da un'altra società qualsiasi per quanto florida e grande.Ma questo è il presente.

Ora il vero problema che i numeri dell'ultima trimestrale di Google, Apple, Microsoft e Facebook suggeriscono di affrontare riguarda il futuro. Come si governa questa situazione nella quale una parte rilevante dell'infrastruttura globale è saldamente nelle mani di una manciata di oligopolisti?

Le proposte sul tavolo, in Europa così come negli Stati Uniti d'America ci sono, sembrano serie, ponderate, meritevoli di fiducia ma, forse, il vero problema sono i tempi: quelli delle big tech si calcolano in trimestri mentre quelli delle regole e degli interventi di vigilanza in anni, talvolta lustri. E trimestre dopo trimestre le big tech diventano - in termini economici e non solo economici - sempre più Stati e sempre meno società commerciali.

Forse bisognerebbe mettere da parte per un istante le questioni di merito della regolamentazione e affrontare quelle di metodo perché servono risposte oltre che giuste veloci: la risposta che sembra giusta oggi, tra due anni, potrebbe essere oltre che tardiva inutile e, persino, inopportuna.

di Guido Scorza (Fonte Milano Finanza)

Note sull'Autore

Guido Scorza Guido Scorza

Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Twitter: @guidoscorza

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