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Come proteggere la privacy del proprio spazio mentale

Di recente la Costituzione cilena si è resa porosa ai diritti neuronali. Vi propongo tre domande in merito all’emendamento costituzionale. Cosa sono i diritti neuronali? È necessario che anche la nostra Costituzione li preveda?

Una volta previsti o implicitamente riconosciuti, cosa ci guadagna il cittadino? Questi diritti occupano lo spazio che si apre tra la volontà consapevole e l’inconscio. Pensiamo a un iniziale impulso, poi compiutosi nella decisione cosciente di darvi seguito o di rifiutarlo, secondo la felice intuizione di Libet.

Ebbene, l’individuo ha il diritto di trattenere a sé l’intero processo interiore? Con parole più dirette: esiste la privacy mentale? Se riconosciamo questa pretesa, dovremo imporre allo Stato il dovere di astenersi dall’entrare nella mente altrui per visualizzare il labirinto del suo percorso e per trarvi in seguito dati da spendere su altri scenari pubblici. Ma questa rivendicazione si potrebbe far valere solo verso lo Stato, o anche nei confronti di un obbligato diverso?

Le comunità virtuali in Internet, già abili mappatrici delle nostre propensioni all’acquisto, farebbero a gara per appropriarsi dei nostri orientamenti al consumo.

A maggior ragione per catturare l’avvio di un’inclinazione politica e blindarla su un partito o deviarla a favore di un altro, che semmai non avremmo conservato o scelto in assenza di questo pungolo, niente affatto gentile. È tempo di dedicarci alla seconda domanda: è necessario modificare il testo costituzionale per proteggere il diritto alla libertà mentale e suoi corollari?

Fatta eccezione per la Costituzione cilena, la libertà all’identità mentale e alla sua integrità non sono consegnate in una disposizione espressa della nostra Costituzione, e il medesimo silenzio caratterizza anche la Carta dei Diritti dell’Unione come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Giovanna De Minico, Professoressa di Diritto costituzionale prsso l'Università Federico II di Napoli

(Nella foto: Giovanna De Minico, Professoressa di Diritto costituzionale prsso l'Università Federico II di Napoli)

Ritengo che questa omissione non richieda però una revisione costituzionale o una modifica dei Trattati perché l’elasticità linguistica delle norme, quelle che già prevedono diritti affini, è dilatata al punto tale da accogliere anche quelli neuronali, se rispondono alla medesima esigenza delle libertà fondamentali nominate: comporre la dignità della persona.

Anzi un lettore attento potrebbe considerare il diritto alla libertà mentale il progenitore delle libertà espresse, visto che il diritto di manifestare il pensiero esiste se è difesa in anticipato la libertà di articolare il pensiero nella solitudine della propria mente. È come dire che il più contiene il meno, solo che in questo caso il ragionamento parte dal meno: nel senso che se si protegge l’entità più piccola a fortiori la protezione coprirà anche quella madre.

Facciamo ora l’ultimo passo del nostro ragionamento: in che termini soggettivi e oggettivi il cittadino attende tutela?

In primo luogo, i diritti neuronali si possono far valere verso lo Stato in omaggio all’antico retaggio che indentificava nel potere pubblico il nemico resiliente dell’autonomia individuale. Al tempo di Internet il pericolo effettivo, da cui tenere indenne l’intimità mentale, è non più lo Stato, ma le autorità private della rete, come anticipato prima. Ma in che modo mettere al riparo il proprio cervello dai nuovi tentacoli tecnologici, pronti a invadere anche gli ambiti sub coscienti? Se la lesione avvenisse entro i confini statali, potremmo andare dal giudice interno e chiedere la cessazione delle condotte di intrusione indebita.

Ma spesso queste aggressioni, peraltro anche collettive, operano in uno spazio a-territoriale dove la tutela verso le autorità private non è contemplata dal diritto. Occorrerebbe che gli Stati imponessero ai privati dominanti di astenersi dall’entrare nella sfera psicologica dei privati fisiologicamente deboli. In presenza di un tale obbligo si potrebbe chiedere anche alle Corti sovranazionali di far cessare i comportamenti estrattivi dei dati o manipolativi dei nostri pensieri.

La presidente von der Leyen è stata fiera nel suo discorso sullo “Stato dell’Unione” per i successi dell’intelligenza artificiale, benché l’atto normativo ancor in corso sia stato avaro sui diritti neuronali, non ancora opponibili alle Autorità della rete, lasciando così sopravvivere le incertezze della tesi sull’efficacia orizzontale dei diritti. Non cogliere i limiti del legislatore europeo significa non essere consapevoli dei suoi errori, il che impedisce di incamminarsi verso la protezione della mente umana. Quando Jean Valjean incontra il vescovo di Digne, la penna di Victor Hugo ci mima il rumore della sua caduta, ma nell’attimo in cui Jean tocca il fondo inizia la sua conversione.

di Giovanna De Minico (Fonte: Il Sole 24 Ore)

Note sull'Autore

Giovanna De Minico Giovanna De Minico

Professoressa di Diritto costituzionale prsso l'Università Federico II di Napoli.

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