Privacy & condominio: il risarcimento del danno da trattamento illecito di dati personali del condòmino ammette la prova per presunzione
Tutela della riservatezza e adempimenti degli amministratori di condominio rappresentano un binomio ricco di insidie che possono sfociare in una violazione della riservatezza dei condòmini. Lo ha ribadito, ancora una volta, la Suprema Corte con la pronuncia dell’ordinanza n. 29323 del 7 ottobre 2022. Il ricorso, avente ad oggetto trattamento illecito di dati personali e conseguente richiesta di risarcimento del danno, è stato proposto avverso la pronuncia del Tribunale di Bari (n. 3453/2020 depositata il 11/11/2020).
Il giudice di primae curae aveva rigettato le richieste del condòmino – parte attrice – il quale lamentava la pubblicazione della convocazione dell’assemblea straordinaria, con allegati i documenti che contenevano i suoi dati personali, nella bacheca condominiale posta all’ingresso dell’edificio. Tali documenti riportavano anche i dati giudiziari dell’attore, relativi al decreto ingiuntivo ottenuto per il recupero delle somme dovute, senza che essi fossero oscurati a tutela della propria riservatezza. Inoltre, si censurava il modus operandi dell’amministratore del condominio che, per la consegna della documentazione condominiale, si serviva dell’addetta alle pulizie senza aver cura di proteggere il contenuto della documentazione affidata.
Dunque, la richiesta di risarcimento del danno si basa sull’illecito trattamento dei dati personali e sulla potenziale esposizione del contenuto della documentazione alla fruizione di terzi non legittimati, tanto degli astanti che transitano nell’ingresso quanto della signora delle pulizie, incaricata alla distribuzione dei documenti.
Il Tribunale di Bari rigettava le istanze presentate dal condòmino per assenza della prova del nesso eziologico tra l’evento occorso e i danni lamentati, ritenendo non sufficientemente provato il potenziale rischio di fruizione dei terzi dei dati contenuti nella bacheca condominiale.
Da ultimo, riteneva le azioni compiute dall’amministratore improntate sui principi di pertinenza e non eccedenza rispetto ai fini, considerato che era comunque utili a far conoscere all'assemblea il motivo della convocazione.
Gli ermellini, esaminati gli atti di causa, hanno evidenziato l’errata decisione del giudice a quo ritenendo che il trattamento dei dati personali oggetto di censura è da ritenersi ultroneo e non contraddistinto dai principi di pertinenza e non eccedenza. Infatti, da tali atti emerge che la comunicazione della convocazione assembleare era già avvenuta con altri strumenti (e-mail, pec e raccomandate) e che, pertanto, l’affissione sulla bacheca condominiale non può ritenersi strumentale alla finalità di informazione dei condomini convocati.
Relativamente al rischio di fruizione dei dati personali ad opera di terzi i giudici hanno confermato che la sola possibilità di scrutare il contenuto dei documenti, esposti al pubblico e soggetti a possibile visione da parte di un numero indefinito di soggetti, è concreta e sufficiente a giustificare le richieste risarcitorie del ricorrente.
Inoltre, relativamente all’onere della prova del risarcimento del danno la Corte ha precisato che, trattandosi di danni non patrimoniali, l’ampiezza della norma a tutela del diritto alla riservatezza consente la prova presuntiva tenuto conto della natura immateriale del bene tutelato (v. Cass. SS.UU. n. 26972-08), così da dare piena attuazione ai precetti normativi e al regime sanzionatorio a carico dell’autore dell’illecito.
Ovviamente, nell’ordinanza viene precisato come tale danno vada comunque contestualizzato e parametrato con l’effettiva “gravità della lesione” e della “serietà del danno”, rispettando il bilanciamento con il principio di solidarietà (art. 2 Cost.) e quello della tolleranza della lesione minima. Tutto ciò considerato la Suprema Corte ha rinviato al Tribunale di Bari, in diversa composizione, affinché provveda ad un nuovo esame della questione uniformandosi a quanto stabilito nell’ordinanza.