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BYOD, necessario gestire e pianificare l'uso dei dispositivi per mettersi in salvo
Imprese obbligate a scrivere una Bia, cioè una Byod Impact Assessment, dove Byod sta per «bring your own device»: si tratta dell'utilizzo per esigenze di servizio di dispostivi appartenenti al lavoratore. Per scongiurare i pericoli della criminalità informatica e anche per stare lontano da sanzioni amministrative per violazione della privacy, bisogna gestire e pianificare se e come utilizzare i dispositivi dei dipendenti.
BYOD, valutazione dell'uso di dispositivi privati per fini lavorativi: la Circolare 2-2021
L’acronimo BYOD ("bring your own device") si riferisce all'utilizzo di dispositivi personali, in particolare con riferimento agli ambienti lavorativi. Come si legge nelle Linee Guida WP249 del Gruppo di lavoro Art. 29 “a causa dell'aumento della popolarità, delle caratteristiche e delle capacità dei dispositivi elettronici di consumo, i datori di lavoro possono trovarsi nella situazione di gestire le richieste di dipendenti che intendono utilizzare i loro dispositivi personali sul posto di lavoro per svolgere i propri compiti”. Allo scopo di tracciare i binari del legittimo utilizzo di dispositivi appartenenti al lavoratore, con la Circolare 2-2020 di Federprivacy si individuano 20 punti, da osservare prima e durante l’avvalimento in azienda di sistemi BYOD.
Furto di dati sul pc del dipendente in smart working, a pagare la sanzione è il datore di lavoro
Imprese sanzionate per violazione della privacy in caso di furto di dati dal computer personale del dipendente utilizzato dallo stesso per lavoro. È quanto deciso dal Tribunale amministrativo provinciale di Varsavia (sentenza del 13 maggio 2021, nel caso II SA/Wa 2129/20, solo ora resa nota), che, confermando un precedente provvedimento del Garante della privacy polacco, ha condannato un'università alla sanzione di circa 11 mila euro per non avere attuato misure adeguate a impedire la divulgazione di dati personali su un laptop di un dipendente.
Garante, vietati i controlli indiscriminati su e-mail e smartphone aziendali
Il datore di lavoro non può accedere in maniera indiscriminata alla posta elettronica o ai dati personali contenuti negli smartphone in dotazione al personale. È un comportamento illecito. Lo ha ribadito il Garante della privacy vietando a una multinazionale l’ulteriore utilizzo dei dati personali trattati in violazione di legge. La società potrà solo conservarli per la tutela dei diritti in sede giudiziaria.
Il diritto alla disconnessione va regolato nell’accordo
Nella legge 61/2021, di conversione del decreto legge 30/2021, appena entrata in vigore, è stata inserita una norma che sancisce e rafforza, in via generale, il diritto alla disconnessione dagli strumenti tecnologici per i lavoratori agili. Si tratta del comma 1-ter dell’articolo 2, che, ferma restando la disciplina specifica stabilita per il pubblico impiego dai contratti collettivi nazionali, riconosce «al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati». Non solo.
Pokemon Go, allarme per la privacy. "Spia tutti i dati dello smartphone"
Dall'inizio di luglio quando è stato lanciato, Pokémon Go, il gioco di Niantic Labs nato sotto l’ombrello di Google, ha avuto un successo travolgente. In base ai dati di App Annie riportati dal sito TechCrunch, il gioco è in testa alle classifiche in 60 Paesi del mondo ed è stato scaricato oltre 100 milioni di volte. Ma i giocatori, che girano per le città a caccia dei personaggi virtuali creati dalla Nintendo, distribuiti su Google Maps, rischiano di trovarsi intrappolati in un sistema capace di impadronirsi di tutte le informazioni in transito sui loro cellulari.
Privacy & BYOD: una questione complessa
Le esigenze lavorative ed aziendali sono in continua evoluzione, l’effetto, dilagante, della digitalizzazione dell’impresa e la crescente tendenza alla consolidazione nella cultura lavorativa italiana dello smart working o di forme analoghe pongono, quotidianamente, l’impresa davanti ad una serie di scelte importanti. Tra queste rientra, certamente, l’acquisto di attrezzature informatiche utili ai lavoratori per svolgere la propria attività. Ma questa non è l’unica scelta strategica, infatti, l’azienda potrebbe adottare, quale politica aziendale, l’implementazione di sistemi di c.d. “Bring Your Own Device” (noto anche come BYOD).
Smart working, attenzione ai controlli sui lavoratori
L’emergenza coronavirus ha accelerato l’adozione del lavoro agile, ma le aziende e le persone potrebbero non essere pronte a gestirlo correttamente. Per esempio, sul fronte controlli. Il ricorso massiccio al lavoro agile per far fronte all’emergenza coronavirus può rivelarsi una grande opportunità per il mercato del lavoro: le aziende e i lavoratori possono scoprire, infatti, i benefici derivanti da una forma di svolgimento della prestazione di lavoro che mette al centro del rapporto tra le parti la fiducia, come leva per ottenere più produttività ma anche più flessibilità nella gestione del tempo e dello spazio di lavoro.
Una BIA per i BYOD
Ci vuole una valutazione di impatto per i BYOD. Questo vale sia da un punto di vista strettamente giuridico, sia da un punto di vista dei meccanismi delle relazioni aziendali e sociali. La destrutturazione dell’azienda come complesso di strumenti ubicati nella sede di produzione di beni e servizi, oramai, è un fatto. Ma non per questo ci si può limitare a fare gli spettatori, perché è una vicenda troppo importante da perdonare la nostra inerzia. È una vicenda, infatti, che porta molte conseguenze sul piano della progettazione del modello organizzativo privacy, e che deve essere valutata in tutte le sue sfaccettature sociologiche e culturali.
Usa: impiegato guarda siti porno da pc aziendale e infetta la rete del governo
Un'inchiesta del dipartimento dell'Interno americano ha scoperto che un dipendente federale del servizio geologico (Us Geological Survey), il cui nome è rimasto coperto dall'anonimato, ha utilizzato il computer governativo per navigare su 9mila pagine web di siti porno, infettando così la rete dell'amministrazione americana con malware - che rubano informazioni sensibili - provenienti dalla Russsia. I tecnici del dipartimento hanno subito ammonito l'agenzia: "Innalzate i protocolli di sicurezza, le nostre reti sono state colpite".