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BYOD, valutazione dell'uso di dispositivi privati per fini lavorativi: la Circolare 2-2021

L’acronimo BYOD ("bring your own device") si riferisce all'utilizzo di dispositivi personali, in particolare con riferimento agli ambienti lavorativi. Come si legge nelle Linee Guida WP249 del Gruppo di lavoro Art. 29 “a causa dell'aumento della popolarità, delle caratteristiche e delle capacità dei dispositivi elettronici di consumo, i datori di lavoro possono trovarsi nella situazione di gestire le richieste di dipendenti che intendono utilizzare i loro dispositivi personali sul posto di lavoro per svolgere i propri compiti”.

Va aggiunto, peraltro, che una tale evenienza può verificarsi anche su richiesta del datore di lavoro e che essa si è verificata di fatto in relazione alla necessità e urgenza di far svolgere la prestazione lavorativa dal domicilio per effetto delle restrizioni imposte dalla disciplina emergenziale di contrasto alla pandemia da diffusione del Covid-19.

Le citate Linee Guida ammettono che l'attuazione efficace di questa politica può comportare una serie di vantaggi per i dipendenti, tra cui una maggiore soddisfazione nei confronti del proprio lavoro, un aumento del morale complessivo, una maggiore efficienza sul lavoro e una maggiore flessibilità.

BYOD, tanti vantaggi con lo smart working, ma anche delle criticità in ambito privacy

Dall’altro lato, il ricorso ai BYOD da parte del dato di lavoro pone una serie di criticità, anche se per questo il datore di lavoro non dovrebbe trarre affrettatamente le conclusioni che la soluzione migliore sia vietare l'uso di dispositivi privati per fini lavorativi.

Allo scopo di tracciare i binari del legittimo utilizzo di dispositivi appartenenti al lavoratore, con la Circolare 2-2021 di Federprivacy si individuano 20 punti, da osservare prima e durante l’avvalimento in azienda di sistemi BYOD.

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