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Come noto i dati personali di natura sensibile possono essere trattati in presenza di idonee basi giuridiche. Inoltre, è dovere del titolare del trattamento omettere informazioni di dettaglio eccedenti la finalità della raccolta.  In questi termini l’Autorità Garante ha ammonito una agenzia di investigazione privata che, incaricata di verificare la correttezza della condotta di una lavoratrice in merito alla fruizione di permessi retribuiti giustificati dalle condizioni di salute della madre, ha riportato nel rapporto investigativo l’indicazione della specifica malattia di cui presumibilmente quest’ultima era affetta.

Nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato le agenzie investigative operano lecitamente solo nel caso in cui la vigilanza sui dipendenti non sconfini in una forma di controllo occulto sull'attività lavorativa vera e propria, la quale può essere direttamente esercitata solo dal datore di lavoro e dai suoi collaboratori. Precisa la Cassazione (sentenza 15094/2018 ) che la vigilanza tramite agenzia investigativa deve necessariamente limitarsi agli atti illeciti del lavoratore che non siano riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione lavorativa. In altri termini, l'intervento degli investigatori può giustificarsi solo nel caso in cui sia stato commesso un illecito e vi sia la necessità di una verifica più approfondita per accertare il contenuto effettivo delle violazioni, oppure se vi sia un fondato sospetto che atti illeciti siano in corso di svolgimento.

Con l’ordinanza 25287/2022, la Corte di Cassazione torna sulla questione dei limiti all’utilizzo di agenzie investigative per l’accertamento di fatti disciplinarmente rilevanti nel rapporto di lavoro.

Il licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente che abbia ripetutamente manomesso il registro delle presenze al fine di occultare le proprie assenze ingiustificate dal lavoro è illegittimo quando, per accertare questa circostanza, il datore di lavoro abbia fatto ricorso ai servizi di un investigatore privato. E questo perché, affinché il ricorso a soggetti esterni all'organizzazione aziendale per vigilare sull'operato di un proprio dipendente sia legittimo, è necessario che l'attività investigativa disposta dal datore di lavoro abbia ad oggetto l'accertamento di condotte illecite diverse dal solo adempimento della prestazione. Lo Statuto dei Lavoratori, infatti, riserva quest'ultimo tipo di controllo proprio al datore di lavoro e alla propria organizzazione gerarchica, non consentendo che venga invece affidato a soggetti terzi alla struttura aziendale.

Chi cerca casa in affitto rischia di finire a sua insaputa nel mirino degli investigatori privati. È quanto accaduto a un cliente che aveva richiesto di affittare un appartamento, apprendendo poi che l'agenzia a cui si era rivolto aveva incaricato un'agenzia investigativa per ottenere informazioni su di lui e la sua famiglia.

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Il lavoratore ha diritto ad avere accesso ai propri dati personali, compresi quelli contenuti nella relazione dell’agenzia investigativa incaricata dall’azienda di raccogliere informazioni sul suo conto.

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L’abitacolo di un’autovettura non rappresenta un luogo di privata dimora e quindi l’ex coniuge che installa un apparecchio gps all’interno della macchina per ascoltare le telefonate della ex moglie non compie il reato di interferenze illecite nella vita privata. È quanto chiarito dalla Cassazione, nella cui pronuncia non prende però in esame altre criticità.

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La Corte Ue chiarisce il perimetro del controllo giurisdizionale sulle misure investigative transfrontaliere da parte dei giudici nazionali con la sentenza sulla causa C-281/22. Quando la Procura europea svolge un’indagine in più Stati membri dell’Unione europea, sono competenti i giudici dello Stato membro del procuratore che è responsabile dell’indagine.

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La deroga al segreto investigativo mette a rischio le indagini condotte dall'autorità giudiziaria. Lede le attribuzioni costituzionali del Pm la norma, inserita nel decreto legislativo 177/2016, in base alla quale ogni rappresentante delle forze dell'ordine deve trasmettere al suo superiore le notizie sulle informative di reato indipendentemente dagli obblighi dettati dal Codice di rito penale.

Con ordinanza del 14 marzo 2023 il Tribunale del Lavoro di Roma è tornato sull’annosa questione dell’utilizzo di agenzie investigative per l’accertamento di fatti disciplinarmente rilevanti nel rapporto di lavoro, dichiarandone la legittimità anche ove abbiano avuto a oggetto la verifica di condotte (illecite) non penalmente rilevanti e a prescindere dal fatto che il datore di lavoro avrebbe potuto accertare la sussistenza delle stesse ricorrendo ad altri strumenti a sua disposizione.

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Rapetto: più tutele dal Gdpr ma non abbassare la guardia

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