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Privacy, il verbale di accertamento non è direttamente impugnabile

In materia di protezione di dati personali, il verbale di accertamento che attesta l'infrazione non può essere impugnato direttamente dall'interessato. Si tratta, infatti, di un atto a carattere procedimentale non idoneo a produrre effetti sulla situazione soggettiva, che viene incisa solo per effetto dell'emanazione dell'ordinanza-ingiunzione. Solo contro tale atto è possibile proporre opposizione. Ad affermarlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 19947/2021.

Privacy, il verbale di accertamento non è direttamente impugnabile

L'occasione per tale precisazione è fornita ai giudici di legittimità dal caso di un medico, la cui privacy veniva lesa dall'Azienda ospedaliera in cui prestava servizio, attraverso l'affissione in una bacheca di una comunicazione relativa alla dispensa del servizio "per inabilità delle mansioni". A seguito del reclamo al Garante della privacy, all'ente veniva contestata una violazione amministrativa per l'inosservanza dell'articolo 22 del Codice della privacy e irrogata una sanzione di 20 mila euro.

L'ente presentava immediato ricorso al Tribunale che annullava l'atto di contestazione, ritenendo il verbale provvedimento espresso e la locuzione utilizzata assolutamente non idonea a rivelare lo stato di salute dell'interessato. Di qui il ricorso in Cassazione da parte del Garante, che sottolineava l'errore compiuto dal Tribunale nel ritenere il verbale di accertamento quale provvedimento suscettibile di impugnazione, anziché quale atto diretto a rendere edotto il destinatario dell'infrazione commessa.

Il rilevo coglie nel segno e induce la Suprema corte a chiarire la natura giuridica del verbale di accertamento di una violazione amministrativa commessa nell'ambito della protezione dei dati personali. Ebbene, spiega il Collegio, in tal caso il trasgressore non può impugnare l'atto, ma ha 30 giorni di tempo per far pervenire all'autorità scritti difensivi e documenti e chiedere di essere sentito. Solo all'esito di tale fase, la stessa autorità, sentito l'interessato ed esaminati i documenti, può emanare una ordinanza con la quale si ingiunge il pagamento, ovvero una ordinanza che dispone l'archiviazione.

In sostanza, ribadisce la Cassazione, il verbale di accertamento «costituisce atto a carattere procedimentale inidoneo a produrre alcun effetto sulla propria sfera soggettiva, che è di contro incisa solo a seguito e per effetto dell'emanazione dell'ordinanza ingiunzione, unito atto contro cui è possibile proporre opposizione».

Fonte: Il Sole 24 Ore del 21 luglio 2021

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