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Il fisco può imputare a ricavi in nero l'assegno circolare versato sul conto dell’imprenditore anche se la banca rifiuta di rivelare chi lo ha emesso per motivi di privacy

L'assegno circolare versato sul conto dell'imprenditore o del professionista può sempre essere imputato dal fisco a ricavi in nero. Ciò anche se la banca rifiuta di rivelare chi emette il titolo per motivi di privacy. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 24238 dell'8 settembre 2021, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.

L’assegno circolare versato sul conto dell’imprenditore o del professionista può sempre essere imputato dal fisco a ricavi in nero. Ciò anche se la banca rifiuta di rivelare chi emette il titolo per motivi di privacy.

Gli Ermellini, accogliendo le ragioni del fisco contro un contribuente che aveva versato un assegno circolare di 52 mila euro imputandolo a una cessione di quote, partono da alcune considerazioni. In presenza di accertamenti bancari svolti, scrive il Collegio di legittimità, è onere del contribuente imprenditore dimostrare che i proventi desumibili dalle movimentazioni bancarie non debbano essere recuperati a tassazione o per averne egli già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché fiscalmente non rilevanti, siccome non riferibili ad operazioni imponibili.

E, per volontà di legge, l'onere dell'amministrazione di provare la sua pretesa è soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari, restando a carico del contribuente l'onere di provare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili a operazioni imponibili, fornendo una prova non generica, ma analitica, riferita quindi ad ogni singolo versamento bancario.

Nel caso in esame, i Supremi giudici non hanno condiviso quanto sostenuto dalla Ctr, la quale ha ritenuto plausibile che l'assegno circolare di 52.000,00, versato sul conto corrente bancario del contribuente imprenditore, non fosse riconducibile a suoi introiti imprenditoriali, ma costituisse il corrispettivo a lui versato per la vendita di quote aziendali.

Non è neppure sufficiente, aggiunge la Corte, che detta operazione di vendita risultasse annotata sul libro soci e neppure è esaustivo che il contribuente abbia documentalmente provato che la banca, per motivi di privacy, non gli avesse rivelato l'emittente dell'assegno circolare. Ora il caso verrà rivalutato dalla Ctr Lazio che dovrà imputare la somma a ricavi in nero e ripristinare, così, l'accertamento emesso a monte dell'amministrazione finanziaria.

Fonte: Italia Oggi del 9 settembre 2021

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