Cassazione: il redditometro non viola la privacy
Non sussiste violazione della privacy nella raccolta e nell'archiviazione di dati da parte dell'Agenzia delle entrate con il redditometro. Lo ha stabilito la Cassazione, rigettando il ricorso presentato da un contribuente. L'uomo si era rivolto al tribunale di Napoli - sezione distaccata di Pozzuoli - per chiedere che venisse riconosciuta la «gravità dei pregiudizi e dei danni della privacy» che potevano derivare dall'applicazione delle regole relative al redditometro.
I giudici di primo grado gli avevano dato ragione e ordinato all'Agenzia delle entrate di «non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati», nonché di «cessare, ove iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati di ogni genere relativi alla posizione del ricorrente».
La prima sezione civile della Cassazione, con ordinanza 17485 depositata ieri, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate e annullato del tutto la sentenza dei giudici del merito che aveva dato ragione al contribuente. I diritti previsti dall'articolo 7 del codice della privacy, sottolinea la Suprema corte, «concernono il trattamento illegittimo di dati specificamente individuati e non genericamente il trattamento di tutti i dati riguardanti un interessato e indistintamente indicati».
Altrimenti, si legge ancora nell'ordinanza, l'iniziativa si tradurrebbe «in una non consentita opposizione da parte del contribuente all'azione di accertamento dell'Amministrazione, fondata su disposizioni di legge, così da impedire all'amministrazione di esercitare le potestà ad essa attribuite dalla legge».
Fonte: Italia Oggi del 5 luglio 2018