Tinder, il bottone antipanico condivide i dati personali con aziende terze come Facebook e YouTube
Il prezzo della propria sicurezza su Tinder - con l’aggiunta del bottone antipanico - si pagherà a discapito della propria privacy: a rivelarlo è Gizmodo che, dopo un’attenta analisi dell’applicazione, ha rivelato come la nuova funzione condivida i dati personali con aziende terze, come Facebook e YouTube.
Lo strumento, da utilizzare per allertare le forze dell’ordine nel caso in cui l’appuntamento si trasformasse in un incontro pericoloso, si può attivare solo se l’utente ha scaricato sul proprio smartphone anche l’app di Noonlight: una volta effettuato il download, ci sarà l’integrazione delle sue funzionalità all’interno di Tinder. Noonlight è gratuita e la collaborazione con l’app di dating consente a una persona, non solo di avvisare i soccorsi, ma anche di segnalare in anticipo dove e con chi si incontrerà.
Tuttavia, come spesso accade, quando un’applicazione è gratis bisogna essere consapevoli che i propri dati non sono esattamente tutelati e, in questo senso, anche Noonlight non fa eccezione. Gizmodo, infatti, ha analizzato il traffico di rete inviato dall’app ai propri server e ha scoperto che i dati erano condivisi con numerose aziende terze, tra cui appunto Facebook e YouTube.
Non solo, queste informazioni raggiungevano anche Branch e Braze - piattaforme specializzate nel retargeting di contenuti sponsorizzati che analizzano i comportamenti dell’utente attraverso i suoi dispositivi - e Kochava, che è in grado di raggruppare in un unico posto una moltitudine di dati proveniente da più applicazioni. Se da un lato è comprensibile il funzionamento di Noonlight - la condivisione dei dati personali e della propria posizione è necessaria per favorire l’intervento delle forze dell’ordine - dall’altro c’è preoccupazione, viste le informazioni concesse ad aziende terze sui propri utenti.
Tuttavia, le politiche sulla privacy di Noonlight sono chiare fin dall’inizio: la società, infatti, pur non facendo nomi, spiega che i dati personali possono essere condivisi anche con i propri partner. Gizmodo, dopo aver scoperto l’identità di queste aziende, è riuscita a ottenere una risposta in merito da parte di Nick Droege, cofondatore di Noonlight: «Non vendiamo i dati a terzi per scopi di marketing: la nostra missione è proteggere milioni di utenti.
Utilizziamo Branch e Kochava solo per comprendere gli standard di chi utilizza l’app e per migliorare la messaggistica interna. Infine le informazioni ricevute da terzi non comprendono elementi identificativi personali». Nonostante le rassicurazioni provenienti da Noonlight, Gizmodo fa notare che anche se i dati non sono realmente venduti, ma condivisi, c’è comunque un passaggio di informazioni: la piattaforma Branch, per esempio, è stata in grado di rilevare il download dell’app e ha riconosciuto le specifiche del display e del sistema operativo dello smartphone su cui è stata installata.
A questo punto, il servizio avrà un’impronta digitale del proprio dispositivo e sarà quindi in grado di tracciare le attività online. Una pratica che secondo Bennet Cyphers, di Electronic Frontier Foundation, organizzazione internazionale che opera per tutelare i diritti digitali «rischierebbe di far finire ovunque i nostri dati se solo un marketer intendesse monetizzare le informazioni ricevute». Il desiderio di maggior sicurezza - esaudito con l’introduzione del bottone antipanico -, da iniziativa lodevole per proteggere gli utilizzatori dell’app, corre il rischio di trasformarsi in una delle più classiche raccolte di dati sugli utenti, solo che questa volta ne sfrutta le comprensibili paure e insicurezze. Una preoccupazione comunque che non riguarderà gli italiani, dato che la funzionalità, al momento, è solo attiva negli Stati Uniti e non è chiaro se sarà rilasciata in Italia.
Fonte: Il Corriere della Sera