Segnalare la condotta di un professionista: 'occhio alla penna'
Una dirigente del Tribunale di Firenze, imponeva più volte procedimenti disciplinari a un proprio sottoposto, con sanzioni, di seguito annullate. Il dipendente col tempo si dimetteva dall’incarico e iniziava la professione forense. Successivamente, il caso voleva che le strade dei due si incrociassero nuovamente e la dirigente, ravvisando comportamenti (a suo parere) deontologicamente scorretti nell’ex collaboratore ora dedito alla libera professione di avvocato, presentava un esposto al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (sempre in Firenze). In tale esposto ella esordiva ricordando i provvedimenti disciplinari cui la stessa aveva più volte assoggettato l’allora suo sottoposto, senza comunque dare conto degli annullamenti disposti in seguito per le relative sanzioni.
(Nella foto: L'Avv. Domenico Battaglia, Delegato Federprivacy nella provincia di Bolzano)
L’Ordine archiviava l’esposto ritenendolo infondato; dopo di che l’avvocato proponeva ricorso ex art. 152 D. Lgs. 196/2003 nei confronti della dirigente per vedersi riconoscere il risarcimento del danno non patrimoniale subito a causa dell’illecito trattamento dei propri dati.
Il Giudice fiorentino accoglieva la domanda risarcitoria ravvisando nella condotta dirigenziale elementi di discredito a danno dell’immagine e della reputazione del legale. La signora ricorreva in Cassazione.
La decisione - Nell’ordinanza emanata dalla Corte (Corte Suprema Di Cassazione - Sezione Prima Civile - Ordinanza 26 aprile 2021, n. 11020) vi sono diversi interessanti spunti di riflessione, ciò nonostante l’articolo 15 D. Lgs. 196/2003. Essi possono così riassumersi: (a) per quanto riguarda la competenza territoriale, essa si determina in relazione alla sede del soggetto titolare del trattamento; (b) in un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, mentre è lecito divulgare le condotte poste in essere da un iscritto che si reputano deontologicamente scorrette non è lecito riferire dati relativi ai pregressi procedimenti disciplinari a carico del legale se gli stessi non sono funzionali o pertinenti rispetto allo scopo dell’esposto, tanto più se rappresentati in modo parziale e malizioso al solo fine di gettare discredito. Vanno infatti rispettati i criteri di minimizzazione e di non eccedenza del trattamento dei dati rispetto alle finalità per cui sono raccolti e trattati; (c) il danno cagionato per gli effetti del trattamento è un danno non patrimoniale, e come tale non in re ipsa; esso non si identifica con la lesione dell’interesse tutelato ma con le conseguenze della lesione; inoltre lo stesso deve superare il livello di minima lesione coperto dal principio della tolleranza civile, riscontrandosi spazi per il ristoro solo a fronte di una lesione grave e di un danno serio.
Nel caso di specie lesione e danno rispettavano tali criteri, in quanto la divulgazione dei dati riservati risultava essere stata “generica e dunque maggiormente offensiva in quanto allusiva (aperta a qualunque interpretazione soggettiva)”.
Il commento – I professionisti iscritti ad un albo (come avvocati, commercialisti, giornalisti,etc.) sono tenuti a rendere conto dei propri comportamenti e, dunque, sono soggetti al potere disciplinare degli ordini di riferimento. Se si rendono colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionali, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’ordine, sono sottoposti a procedimento disciplinare.
Più volte si è detto che i consigli distrettuali di disciplina hanno una funzione amministrativa di natura giustiziale (ma non giurisdizionale). Quid iuris?
Riferendosi al dettato normativo di cui al considerando 20 così come dell’articolo 55 GDPR (“Le autorità di controllo non sono competenti per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giurisdizionali nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali”), per i trattamenti effettuati dai consigli distrettuali di disciplina è invece competente l’autorità di controllo. Infatti non svolgendo funzioni giurisdizionali (ma solo paragiurisdizionali) l’operato dei consigli distrettuali è soggetto al controllo dell’Autorità Garante.
E nel segnalare una condotta deontologicamente rilevante ci si deve preoccupare dei principi applicabili al trattamento dei dati personali. Segnalare una condotta di rilievo deontologico non può prescindere, invero, dal verificare che i dati trattati siano pertinenti alle finalità perseguite; inoltre, riportare pretestuosamente dati inesatti (magari omettendo di dare atto di talune circostanze al solo fine di rappresentare artatamente i comportamenti segnalati) costituisce condotta illecita in violazione dei principi applicabili al trattamento dei dati.
In merito alla gravità della lesione e alla serietà del danno, va peraltro ricordato che la segnalazione di condotte di rilevanza deontologica si riverbera sull’immagine del professionista e sulla sua reputazione sociale in un ambiente lavorativo ristretto (ordine o collegio di appartenenza). In tale contesto, l’illecito trattamento dei dati nell’ambito di una segnalazione infondata, esposta in modo pretestuoso, rischia davvero di superare il limite di tolleranza civile oltre il quale la condotta illecita merita un conseguente risarcimento.
Dunque, qualora intendiate segnale la condotta di un professionista iscritto ad un albo sarebbe bene rammentare un’espressione comune in altri ambiti: occhio alla penna! In parole povere, meglio non omettere o esagerare.