Rimozione dei contenuti da internet: le regole del Garante Europeo per la protezione dei dati
Il Garante europeo per la protezione dei dati (EDPS) ha pubblicato la versione finale delle sue linee guida sui criteri di adozione del diritto all’oblio nei motori di ricerca, ai sensi dell’articolo 17 del regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE. Il documento è apparso sul sito dell’istituzione comunitaria il 7 luglio. Il garante europeo della protezione dei dati (EDPS) è l’autorità indipendente per la protezione dei dati dell’Unione europea (UE).
L’Ente, tra gli altri compiti, ha anche quello di consigliare le istituzioni e gli organi dell’UE su tutte le questioni relative al trattamento dei dati personali ed in particolare quello di consigliare la Commissione europea su proposte legislative, accordi internazionali, nonché su atti di esecuzione e delegati con impatto sulla protezione dei dati e sulla privacy;
L’EDPB ha pubblicato le linee guida sul diritto all’oblio e motori di ricerca a dicembre 2019 e le ha poi sottoposte a consultazione pubblica.
Le linee guida, che vengono indicate con la sigla 2.0, forniscono le indicazioni relative ai motivi legittimi per la richiesta di deindicizzazione dei contenuti dell’interessato, nonché le eccezioni ai diritti di deindicizzazione.
(Nella foto: L'Avv. Fulvio Sarzana, legale esperto di privacy e diritto delle nuove tecnologie)
Il tema della rimozione da internet dei contenuti lesivi dei diritti degli interessati ( in base al diritto all’oblìo, ma anche per la lesione di altri diritti della personalità, è stato affrontato di recente anche dalla giurisprudenza di merito ( e di legittimità) in Italia, con una sentenza del Tribunale di Milano che ha stabilito che “ la società che gestisce un motore di ricerca è titolare autonomo, quale provider di servizi di aggregazione ed indicizzazione dei dati.
Per cui, ricevuta la richiesta di deindicizzazione corredata da sentenza passata in giudicato relativa ad una condanna per diffamazione (comprovante quindi la falsità delle notizie contenute nei siti sorgente), Google LLC avrebbe dovuto provvedere alla deindicizzazione del dato personale rispetto ai siti sorgente propinanti notizie diffamatorie. Non avendolo fatto, è stata condannata a risarcire il danno”.
di Fulvio Sarzana (Nòva Il Sole 24 Ore)