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L’insostenibile leggerezza dei dati biometrici (sbattuti sul cofano)

Lascia a dir poco interdetti l’annuncio, rimbalzato negli ultimi giorni dal quartier generale della Porsche, secondo il quale gli acquirenti dell’ultimo modello della celebre 911 potranno richiedere alla casa automobilistica di stampare, in alta definizione, la gigantografia, in alta definizione, della propria impronta digitale sul cofano della macchina.

Per la casa di Stoccarda sembra trattarsi solo di una forma di personalizzazione dell’auto che immaginano particolarmente gradita ai propri clienti, fanatici dell’unicità e, a quanto si legge sulle riviste specializzati, maniaci dell’idea di avere un prodotto unico.

Per i più, probabilmente, è un’idea geniale.

E, in queste ore, magari, in giro per il mondo, costruttori, carrozzieri e proprietari di autoveicoli e motoveicoli staranno pensando come emularla e stampare la propria impronta digitale o quella dei propri clienti anche sul cofano di auto meno glamour, sul serbatoio di moto di ogni genere e sulle fiancate di mastodontici camion.

Peccato solo che quell’impronta digitale – se come sembra l’idea è proprio quella di acquisirne e stamparne la più fedele delle riproduzioni possibile - è uno dei più preziosi dati personali – biometrici per l’esattezza – del quale disponiamo e una volta che lo si sarà sbattuto, in alta definizione, sul cofano di un automobile, nella sostanza, lo si sarà abbandonato al pubblico dominio, nel mare magnum dell’universo digitale a disposizione di chiunque voglia usarlo per qualsiasi genere di scopo.

E con un’immagine, anzi una gigantografia, a alta definizione di un’impronta digitale oggi si possono spalancare dozzine di porte che custodiscono ogni genere di bene di valore: dal denaro, a informazioni riservate passando per altri dati personali.

Quell’impronta digitale sbattuta su quel cofano semplicemente per il piacere di dire di avere una macchina unica rappresenta una delle chiavi di accesso più preziose alla nostra identità personale.

Ne vale davvero la pena?

Forse, quella della Porsche è un’idea da ripensare, almeno, a scopo educativo per evitare che passi il messaggio – drammaticamente già piuttosto diffuso – che la nostra privacy fale così poco che sbattere addirittura i nostri dati biometrici sul cofano di una macchina è uno status symbol.

di Guido Scorza  (Fonte: L'Espresso)

Note sull'Autore

Guido Scorza Guido Scorza

Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Twitter: @guidoscorza

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