NEWS

Alexa chiamata a "testimoniare" in Tribunale. Ed è solo l’inizio

In ogni rivoluzione c’è sempre una prima volta in cui accade qualcosa che sino al giorno prima nessuno avrebbe immaginato accadesse. E nella rivoluzione ormai imminente che porterà gli uomini a convivere con i robot di prime volte ce ne sono state e ce ne saranno tante. Qualche settimana fa, in Florida, è stata la prima volta nella quale Alexa, l’assistente vocale di casa Amazon, è stata chiamata – si fa per dire – a testimoniare in un processo per omicidio.

La polizia, infatti, ha chiesto al Giudice di ordinare a Amazon di fornirle le registrazioni di due Amazon Echo - gli speaker che danno voce ed orecchie ad Alexa - relative alle ore nelle quali, a seguito di una lite furibonda tra due coniugi, la moglie è morta.


È stato un drammatico incidente come sostiene ora il marito o si è trattato di un atroce delitto? Gli investigatori hanno identificato in Alexa un possibile testimone d’eccezione, un potenziale spettatore silenzioso di quanto accaduto all’interno delle quattro mura domestiche dove i due coniugi sarebbero stati altrimenti soli.

Oggi non più. E, domani, con la diffusione galoppante dell’internet delle cose, sempre di meno. Soli in casa, per davvero, nel bene e nel male non lo saremo più. Non è lontano – e, anzi, è già oggi così – il giorno in cui polizia e forze dell’ordine chiameranno a sfilare in Tribunale il nostro frigorifero o la nostra lavatrice connessi che potrebbero aver ascoltato qualcosa o qualcuno o semplicemente registrato l’ultima volta che ci siamo fatti un panino o che abbiamo lanciato un lavaggio, il nostro robot-aspirapolvere che potrebbe aver addirittura annotato la posizione di vittima e carnefice oltre, naturalmente, al più ovvio dei potenziali testimoni, il campanello intelligente che filma chi suona alla porta, che sia il postino o il nostro aguzzino.

È un mondo che cambia e che ha bisogno di nuove regole ma, prima ancora, di educazione, cultura, consapevolezza e rispetto innanzitutto della privacy perché la vita con i robot, senza, può diventare un autentico inferno dentro e fuori le mura domestiche, in famiglia e fuori dalla famiglia.

Sono, purtroppo, già decine di migliaia – ed è la punta dell’iceberg di un fenomeno i cui confini sono ignoti – le storie di spioni domestici che utilizzano ogni genere di oggetti connessi per intrufolarsi dentro casa propria e altrui all’insaputa di familiari, vicini di casa e perfetti estranei. Gli scopi? I più diversi, dal morboso voyeurismo, passando per una incontenibile gelosia, fino ad arrivare al soddisfacimento delle più becere pulsioni umane.

E sono, purtroppo, altrettante le storie di articolazioni degli Stati che abusano delle nuove tecnologie per implementare, a dispetto di ogni regola democratica, il principio del fine che giustifica i mezzi facendo carne da macello di ogni genere di diritto fondamentale dell’uomo e del cittadino. Un rischio nel quale stanno cadendo, anche, gli Stati Uniti come conferma quanto accaduto nella contea di El Monte, in California, dove la polizia della Contea ha promosso l'acquisto di Ring, un campanello dotato di videocamera, in cambio dell'accesso alle immagine riprese dalle videocamere. Il tutto senza passare dal giudice che dovrebbe autorizzare, in un normale iter giudiziario, l'accesso o meno a quelle informazioni.

Perché che la tecnologia abiliti l’ottenimento di un determinato risultato non significa che il suo perseguimento sia giuridicamente lecito e democraticamente sostenibile. La tecnologia, infatti, è nostra alleata se la conosciamo, la governiamo, la usiamo in maniera corretta. In caso contrario il nostro futuro potrebbe essere peggiore del nostro passato.

Nessun allarmismo inutile, nessuna istanza neo-luddista, nessuna ragione seria per tenere fuori da casa nostra robot e altri sistemi diversamente intelligenti ma, per carità, prima di collegare il prossimo oggetto alla rete wifi di casa nostra prendiamoci dieci minuti per leggere le istruzioni, per capire quali dati raccoglie e con chi li condivide, come si fa a cancellarli, magari alla fine della giornata, come tenerli al riparo da chiunque voglia accedervi senza il nostro permesso.

Articolo di Guido Scorza - Fonte: Mashable

Note sull'Autore

Guido Scorza Guido Scorza

Componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Twitter: @guidoscorza

Prev RPA: una nuova sfida in tema di sicurezza
Next Caso Sardine, la democrazia oggi è on line. Ma i social segnalino i contenuti "sospetti"

Il furto d'identità con l'intelligenza artificiale

Mappa dell'Italia Puglia Molise Campania Abruzzo Marche Lazio Umbria Basilicata Toscana Emilia Romagna Calabria

Rimani aggiornato gratuitamente con la nostra newsletter settimanale
Ho letto l'Informativa Privacy