Whistleblowing: un diritto a geometria variabile anche per la privacy
Il DLgs 24/2023 che disciplina oggi il whistleblowing (DLWB), recependo la Direttiva UE 1937/2019 (UEWB), regolamenta quello che, come sottolinea l’ ANAC, è un “diritto fondamentale, riconosciuto a livello internazionale, estensione del diritto di libertà di espressione”: in quanto diritto fondamentale, dovrebbe essere riconosciuto – tutele incluse - a tutti i potenziali soggetti segnalanti. Ma fra dettato della Direttiva e DLWB, emerge quella che appare una applicazione nel nostro sistema a geometria variabile.
Il DLWB prevede diversi canali di segnalazione: interno, esterno (gestito dall’ANAC), divulgazione pubblica e denuncia; l’onere per le organizzazioni di attivare il canale interno si applica all’intero settore pubblico ma solo in parte per quello privato, limitatamente ad alcune fattispecie: enti con almeno 50 dipendenti oppure sotto tale soglia ma solo se applicano un modello di organizzazione e gestione ex D Lgs 231/2001. Circa i potenziali soggetti segnalanti, il DLWB delinea una ampia serie di figure che vanno dai lavoratori dipendenti ai soggetti facilitatori o collegati (persone fisiche e giuridiche, ai sensi dell’art. 3.5).
Circa i canali fruibili dai segnalanti sono però diversificati, anche con riguardo alle fattispecie segnalabili, come chiarito nelle Linee guida adottate dall’ANAC:
- nel settore pubblico, l’applicazione è piena e prevede la possibilità di ricorrere, a seconda delle situazioni, ai diversi canali di segnalazione (non è quindi stata raccolta la possibilità di esentare dalla istituzione del canale interno i comuni fino a 10.000 abitanti);
- nel settore privato la situazione è diversamente articolata essendo previsto:
# per le entità sopra i 50 addetti dipendenti o anche meno se operano in settori “sensibili” individuati nella parte I.B e II dell’allegato al DLWB (per i settori della parte II nel caso non la materia in esame non sia già disciplinata in via obbligatoria da atti UE o nazionali): i) la fruibilità di tutti i canali per le violazioni le violazioni di norme UE e di quella nazionale di recepimento; ii) la fruibilità del solo canale interno, limitatamente alle violazioni del D lgs 231/2001;
# la fruibilità del solo canale interno per le entità sotto i 50 addetti che applichino il D Lgs 231/2001 e limitatamente a violazioni ad esso relative.
Dunque, il DLWB prefigura per il settore privato un diritto di segnalazione di portata diversa con riguardo a canali fruibili e fattispecie segnalabili in quanto: a) non è in generale previsto il WB per gli “illeciti amministrativi, contabili, civili o penali” (a differenza che per il settore pubblico) e ii) il WB è diversamente articolato in relazione alla dimensione, essendo esentate dalla istituzione del canale interno le imprese fino a 49 addetti (salvo le anzidette eccezioni).
Di contro, il DLWB fra le ipotesi in cui poter ricorrere al canale esterno prevede, peraltro, che possa essere utilizzato anche laddove non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale interno: ne deriverebbe che, nel settore privato, in ogni caso si possa seguire tale via. Circa tale possibilità l’ANAC ne sottolinea la difficoltà applicativa, attesa la strutturazione del DLWB che tutela il segnalante se l’ente in cui opera è tenuto a istituire il canale interno e, pertanto, se l’ente non rientra fra quelli obbligati alla istituzione del canale interno, il segnalante all’ANAC non può essere considerato come un whistleblower.
Ponendo lo sguardo alla UEWB si osserva che:
- il considerando 49 ammette la possibilità per i singoli Stati di prevedere canali interni di segnalazione, anche con requisiti meno cogenti, per le entità private sotto i 50 dipendenti, possibilità ripresa nell’art. 8);
- secondo il considerando 51 “dovrebbe essere chiaro” che, per le entità private che non istituiscono tale canale interno comunque dovrebbe essere riconosciuto alle persone di poter procedere a segnalazioni esterne e fruire della protezione da ritorsioni; al riguardo l’art. 10 prevede che una segnalazione esterna possa essere fatta dopo aver preliminarmente effettuato una segnalazione interna o, anche effettuando una segnalazione direttamente attraverso i canali di segnalazione esterni.
Tutto ciò premesso, emerge quantomeno l’opportunità di una interpretazione autentica – che esula dai poteri dell’ANAC - delle previsioni del DLWB per dirimere a) quella che appare una limitazione per certe coorti di potenziali soggetti segnalanti del diritto alla segnalazione e b) quella che appare una non piena coerenza fra i principi dell’UEWB e il DLWB.
La questione, oltre che profili di natura teorico-normativo, ha anche profili pratici che possono impattare sulla funzione di “vedette civiche”, come il Presidente ANAC Busia ha definito i segnalanti.
Premesso che, secondo dati ISTAT , al 2021 le imprese fino a 29 addetti erano circa il 97% e occupavano circa il 53% degli addetti, a titolo non esaustivo si osserva:
- come può sapere una persona che operi nel settore privato se l’ente ha più o meno di cinquanta dipendenti (ad es. 48, 49…?)
- se l’impresa non attiva il canale interno, l’interessato deve desumerne che non vi è tenuta e, quindi, non può neanche effettuare segnalazioni esterne?
- posto che i canali interni devono essere attivati sentito le rappresentanze o le organizzazioni sindacali, se l’impresa non attiva il canale interno (e se il sindacato non le sollecita) analogamente deve desumersi che l’impresa non vi è più tenuta?
- per una segnalazione esterna che riguardi il settore privato, come farà l’ANAC a verificare che sussistano i limiti dimensionali? Una volta effettuato tale riscontro (allo stato necessario per considerare l’ammissibilità della segnalazione) se questa attiene a impresa con meno di cinquanta operatori dovrebbe dichiararla non ammissibile e procedere all’archiviazione: ciò anche se la segnalazione riguardi una fattispecie di particolare rilievo? E in tal caso l’archiviazione di fatto non equivarrebbe a dare alla segnalazione minor rilievo che una segnalazione anonima (laddove a queste si previsto che venga dato un seguito) che riguardasse la medesima entità?
- una volta attivato la modalità segnaletica orale e il segnalante non sapesse se l’impresa ha almeno 50 addetti, l’operatore ANAC come dovrebbe comportarsi?
- in un contesto in cui, specie le start-up innovative del settore IT, imprese con fatturato attuale o prospettico rilevante possono avere anche pochi addetti e, magari, molti collaboratori esterni ha in generale senso prevedere un limite di 50 addetti per la vigenza del WB?
Tutto ciò si collega poi chiaramente con la privacy. Se un cittadino, un lavoratore che opera in una del 97% delle imprese sotto i 50 addetti e che intenda essere “vedetta civica” non può però fruire delle tutele anche privacy del WB non è che decadono, a un tempo, due diritti: quello di segnalazione e quello alla riservatezza?
In assenza di una riflessione in materia per il nostro sistema, che pure ha preso più tempo di quello previsto dalla UEWB per emanare la norma di recepimento, sono incombenti almeno tre rischi:
1) che il WB, che pure ha portato a un incremento delle segnalazioni esterne all’ANAC (al 17.12.23 oltre 600 segnalazioni di cui 240 riguardanti il settore privato e 360 quello pubblico, rispetto alle 347 totali nel 2022, quando il whistleblowing riguardava essenzialmente il settore pubblico) percepisca solo una parte del fenomeno;
2) che qualche ricorso in Italia o alla CGUE sanzioni uno dei Paesi più rilevanti dell’UE;
3) che la tutela della riservatezza lato GDPR venga erosa per chi comunque intende procedere alla segnalazione pur se non con la copertura whistleblowing.
Va da sé che mentre i requisiti previsti come non facoltativi delle Direttive UE devono essere recepiti nei diversi ordinamenti, nulla esime ciascun Paese dall’adottare soluzioni che siano ancora più garantiste.