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Videocamere, email, e investigazioni: la privacy del lavoratore non è un diritto assoluto

La privacy del lavoratore non è un diritto assoluto. Negli anni la giurisprudenza ha dettato precisi confini per bilanciare da un lato la tutela alla riservatezza e la dignità dei dipendenti; dall’altro la protezione del patrimonio e dell’immagine aziendale.

La privacy del lavoratore non è un diritto assoluto.

Non sempre i contorni sono chiari e definiti, dando luogo a un contenzioso che negli ultimi anni ha riguardato soprattutto:

- l’uso delle videocamere di sorveglianza;
- il controllo delle email aziendali;
- l’impiego di agenzie investigative per rilevare e contestare condotte illecite dei dipendenti.

I controlli - Intanto occorre distinguere tra i controlli a difesa del patrimonio aziendale che riguardano tutti i dipendenti o gruppi di dipendenti nello svolgimento della loro prestazione di lavoro, che dovranno necessariamente essere realizzati nel rispetto dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori e “controlli difensivi” in senso stretto, diretti ad accertare specifiche condotte illecite ascrivibili – in base a concreti indizi – a singoli dipendenti.

Questi ultimi controlli, anche se effettuati con strumenti tecnologici, non avendo ad oggetto la normale attività del lavoratore, possono essere effettuati dal datore di lavoro anche senza le garanzie previste dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, cioè senza l’autorizzazione dell’ispettorato nazionale del lavoro o dei sindacati e senza informare preventivamente il lavoratore.

Così il datore di lavoro potrà installare telecamere nascoste nel caso di ripetuti ammanchi di cassa o furti e ragionevoli sospetti in capo a determinati lavoratori. Il controllo dovrà essere mirato e giustificato, non potendo in ogni caso legittimare un controllo costante e preventivo rispetto al fatto illecito.

La posta elettronica - Applicando gli stessi principi è lecito il controllo delle email aziendali, a condizione che il lavoratore sia stato adeguatamente informato, che il controllo sia proporzionato alle finalità e non sia un controllo massivo.

In via generale non possono invece essere controllate le email personali, ma potrà essere sanzionato un utilizzo illecito delle mail personali o dei social network durante l’orario di lavoro.

L’informativa al lavoratore non deve essere necessariamente scritta, ma può diventare difficile in sede processuale dimostrare con testimoni l’avvenuta informazione circa i limiti e le modalità dei controlli tecnologici.

Tra i comportamenti più gravi ascrivibili al lavoratore e accertabili tramite i controlli periodici delle email aziendali rientra sicuramente la violazione dell’obbligo di fedeltà nei confronti del datore di lavoro prescritto dall’articolo 2105 del Codice civile.

Così è stato ritenuto legittimo il licenziamento della dipendente che trafuga informazioni riservate per svolgere attività concorrenziale (Tribunale di Roma, Sezione lavoro, sentenza 4032, pubblicata il 5 maggio 2023).

Investigazioni private - Altrettanto lecite sono le riprese effettuate dall’investigatore privato incaricato di sorvegliare il dipendente che effettuava attività di pulizie per una piscina privata durante l’assenza per malattia. Come specificato più volte dalla giurisprudenza, infatti, in questi casi il trattamento dei dati personali, ammesso di norma in presenza del consenso dell’interessato, può essere eseguito anche in assenza perché serve a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere le investigazioni difensive. Ovviamente anche in questi casi i dati devono essere trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento (Tribunale di Perugia, sezione lavoro sentenza 129 pubblicata il 30 luglio 2022).

Il casellario giudiziale - Una questione controversa riguarda la possibilità del datore di lavoro di chiedere i carichi pendenti e il casellario giudiziale in fase di selezione. In realtà la Corte di cassazione con un orientamento più recente ha sdoganato tali richieste, anche quando non previsto dal contratto collettivo nazionale applicabile al rapporto di lavoro. Anche in fase precontrattuale, infatti, il datore di lavoro è libero di determinare criteri rigidi che prevedano, ad esempio, l’assenza di processi penali in corso, potendo legittimamente procedere ad una verifica dei requisiti di affidabilità dei lavoratori da assumere ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione (Tribunale di Roma, Sezione lavoro, sentenza 6030 pubblicata il 23 giugno 2023).

In alcuni casi poi è addirittura obbligatorio richiedere il certificato del casellario giudiziale per il datore di lavoro, ad esempio nelle attività professionali o volontarie che comportino contatti diretti e regolari con minori, così come previsto dal Dlgs. 39/2014.

Fonte: Il Sole 24 Ore - a cura di Marisa Marraffino

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