La collega rifiuta le sue avances, lui si trasforma in stalker e hacker
Un tormento durato mesi, quello subito da una donna perseguitata da un collega di lavoro, che non accettando il rifiuto delle sue avances aveva continuato a covare risentimento ponendo in essere una vera e propria attività di spionaggio e persecuzione, con molestie, minacce e ingiurie tramite telefono, sms, e social network, arrivando perfino a violare il suo profilo Facebook. Con la Sentenza 47049/2019 della Quinta Sezione Penale della Cassazione, per l'uomo è stata confermata la condanna per il reato di stalking ai sensi dell'art. 612 bis del Codice Penale con una pena di due anni e sei mesi di reclusione.
I giudici hanno ribadito che “il reiterato invio alla persona offesa di sms e di messaggi di posta elettronica o postati sui social network (come appunto Facebook), nonché la divulgazione con qualsiasi mezzo (compreso il computer) di scritti, fotografie o filmati ritraenti la sfera intima e personale della vittima, viola la privacy e il diritto alla riservatezza di quest’ultima, integrando il reato di atti persecutori" (Sez. 6, n. 32404 del 16/7/2010), elemento da cui è derivata la conferma della condanna per stalking da parte della Suprema Corte.
Inoltre, con l'aiuto di un altro dipendente della stessa azienda dotato di elevate competenze informatiche, l'uomo si era improvvisato hacker riuscendo ad entrare nell'account Facebook della signora, sottraendole dati personali e fotografie, e contattando abusivamente anche dei suoi conoscenti per rivelare la relazione sentimentale che lei aveva con un altro collega d'ufficio, e per questo la Cassazione ha confermato anche la precedente sentenza della Corte d'Appello di Milano, che aveva già condannato sia lui che il dipendente suo "aiutante" per concorso nel reato di introduzione abusiva in un sistema informatico protetto da password ai sensi dell'art. 615-ter del Codice Penale.