Il cittadino ha diritto a ottenere le immagini della videosorveglianza comunale per tutelare i suoi interessi, ma nel rispetto della privacy
Una recente pronuncia del TAR della Puglia (TAR Puglia, sez. II, 2 novembre 2021, n. 1579) ha affrontato il caso di un automobilista coinvolto in un sinistro stradale che ha richiesto i filmati delle telecamere comunali ai sensi della Legge 241/90. Come noto si tratta della normativa sull’accesso ai documenti amministrativi che consente di richiedere documenti, dati e informazioni detenuti da una Pubblica Amministrazione riguardanti attività di pubblico interesse, purché il soggetto richiedente abbia un interesse diretto, concreto e attuale rispetto al documento stesso.
(Nella foto: l'Avv. Marco Soffientini, Data Protection Officer di Federprivacy)
I giudici amministrativi hanno osservato come ai sensi dell’art. 24 co. 7 L. n. 241/90: “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. …” e nel caso di specie, la visione dei filmati di sorveglianza relativi al sinistro oggetto della richiesta è strettamente correlata alla difesa degli interessi giuridici del ricorrente, essendo di intuitiva evidenza che soltanto l’accertamento della reale dinamica del sinistro consente di appurare in maniera certa le responsabilità dei soggetti in esso coinvolti.
Nella fattispecie, il Collegio ha ritenuto senz’altro riscontrabile la sussistenza, in capo all’istante, di un interesse qualificato, diretto, attuale e concreto all’ostensione della richiesta documentazione, strettamente correlato alla difesa di un interesse giuridico, connesso all’accertamento delle reali responsabilità dei conducenti nel sinistro in esame.
Di alcun pregio sono state considerate le eccezioni del Comune e in particolare, si legge nella sentenza, nessun rilievo assumono le giustificazioni addotte dal Comune nella nota di diniego, in cui si oppone il rifiuto opposto dall’altro soggetto coinvolto nel sinistro, nonché il divieto di trasmissione dei filmati contenuto nel Regolamento comunale relativo al trattamento dei dati personali tramite impianti di videosorveglianza. Sotto quest’ultimo profilo precisano i giudici, non colgono nel segno le obiezioni fondate sul locale Regolamento sugli impianti di sorveglianza, per la semplice e dirimente ragione che la fonte del diritto di accesso è la legge dello Stato (art. 22 ss. l. n. 241/90), da ritenersi prevalente – sulla base dei normali principi in tema di gerarchia delle fonti – sul Regolamento locale.
Inoltre, l’Autorità Amministrativa ha affermato che non può ritenersi sufficiente a tal fine il rapporto redatto dalla Polizia Locale, in quanto esso risente della personale valutazione della dinamica del sinistro operata dai verbalizzanti, la quale potrebbe, in astratto, non essere strettamente aderente all’accadimento dei fatti. Viceversa, la ricostruzione della dinamica del sinistro operata sulla base dei filmati di videosorveglianza esclude qualsiasi valutazione e, dunque, anche eventuali errori umani, in quanto fondata su dati certi e oggettivi. Per effetto delle considerazioni svolte è stato accolto il ricorso e condannato il Comune al rimborso delle spese di lite sostenute dal ricorrente, (€ 1.000 per onorario), oltre rimborso contributo unificato, spese generali e IVA come per legge.
Si tratta di una sentenza innovativa perché afferma un diritto in capo all’interessato ad avere i filmati che lo riguardano ma che obbliga anche il Comune (titolare del trattamento) a fare salvi i diritti degli eventuali terzi nella consegna delle immagini. Quest’ultime, infatti, andranno consegnate avendo cura di aver oscurato i dati personali di eventuali terzi estranei (ad esempio: numeri di targhe, ecc.) nel rispetto del Regolamento (UE) 2016/679 e del Provv. Autorità Garante in tema di Videosorveglianza 08.04.2010 alla luce delle Linee Guida EDPB n. 3/2019.