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I consiglieri comunali possono vedere gli avvisi di accertamento tributario, ma la privacy dei cittadini deve essere tutelata

Secondo il parere n.22873 del 18.8.2023 del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno i dati e le informazioni devono essere utilizzati solo per le finalità pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto. Fondamentale risulta perciò il bilanciamento tra diritto incondizionato di accesso agli atti e protezione dei dati personali di soggetti coinvolti nella richiesta d'accesso.

Diritto di accesso agli atti dei consiglieri: tra diritto incondizionato e tutela della privacy dei cittadini.

Il parere è arrivato a seguito della richiesta ai tecnici del Viminale, da parte di un segretario comunale. La richiesta aveva ad oggetto due punti fondamentali:

- la possibilità di mostrare al consigliere comunale che ne faccia richiesta, i documenti concernenti gli avvisi di accertamento tributario emessi dal comune;

- e, di conseguenza, quale sia il possibile bilanciamento tra il diritto di privacy dei cittadini e l’incondizionato accesso agli atti, detenuti dall’ente, da parte del consigliere comunale, anche a fronte del segreto d'ufficio.

Il Viminale ha fatto presente, innanzitutto, che il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della Pubblica Amministrazione trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/2000 che riconosce ai consiglieri il diritto di ottenere tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del proprio mandato. Si evince quindi il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza sia, più in generale, nei confronti della P.A. come disciplinato dalla Legge n.241/1990.

L'Alto Consesso, nel precisare che sul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste di accesso e nel ribadire che la riservatezza non è opponibile ai consiglieri comunali, in quanto gli stessi sono tenuti al segreto d'ufficio ai sensi dell'art.43, comma 2 del a cui è tenuto ai Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) ha comunque sottolineato l'importanza di un "equilibrato bilanciamento" tra la posizione del consigliere a poter esercitare pienamente e pressoché incondizionatamente il proprio mandato e la riservatezza dei terzi, i cui nominativi potrebbero formare oggetto di ostensione.

Il giudice amministrativo ha però ribadito che il rispetto di un equilibrato bilanciamento - principio più volte richiamato dalla giurisprudenza amministrativa, in particolare con la pronuncia dell'11 marzo 2021, n.2089 - si può e si deve utilmente raggiungere attraverso l'ostensione di tutti gli atti richiesti, previa "mascheratura" dei nominativi e di ogni altro dato idoneo a consentire l'individuazione degli stessi.

Nel caso in esame, dunque, si dovrà assicurare il ragionevole bilanciamento tra il diritto di esercitare pienamente il mandato elettivo e la protezione dei dati personali dei soggetti coinvolti nella richiesta di accesso, individuando soluzioni, come quella sopra evidenziata, che contemperino il diritto dei consiglieri con i principi giurisprudenziali che tutelano la privacy del cittadino. Inoltre, i dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità strettamente pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto secondo quanto previsto dalla legge e dai principi che tutelano la privacy.

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