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Caso sospetto di Covid-19 in condominio, le informazioni che l’amministratore può fornire e comunicare

Prima di affrontare la questione in un’ottica prettamente giuridica, preme sottolineare come, la coscienza e il buon senso di ciascuno di noi, ci deve guidare nella situazione tragica di pandemia che stiamo vivendo, senza dimenticare che dall’amministratore, al semplice condomino, si sta pur sempre parlando di una persona che ha diritto alla salute, bene che oggi più che mai deve essere tutelato. 

Qualora si verifichi un caso di contagio da Covid-19 all’interno di un condominio, è opportuno far chiarezza, analizzando tutte le norme sottese al caso, su quali siano gli adempimenti e gli obblighi dell’amministratore.

(Nella foto: Vittorio Lombardi, avvocato e membro del Consiglio Direttivo di Federprivacy)

Il presente articolo, si sottolinea, non elude l’esigenza primaria di denunciare comportamenti che mettano a rischio la salute nostra o quella di soggetti che ci circondano nel momento in cui ciascuno di noi, indipendentemente dal ruolo che ciascuno occupa all’interno della società civile, è a conoscenza di comportamenti che possono minacciarne l’integrità.

Premesso ciò, chiunque viva in un condominio, nel corso di questo interminabile obbligo di dimora nazionale, si sarà posto una domanda: il ruolo dell’amministratore, in caso di contagio da Covid-19 di un condomino, qual è?

A far chiarezza sui doveri dell’amministratore – oltre al fatto che è assoggettabile alle norme del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro (si pensi, ad esempio, al lavoratore con rapporto contrattuale privato di portierato) - si rimanda all’articolo 1130 del codice civile; secondo cui l’amministratore: “ha il dovere di disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini; ed ancora: “compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni”.

L’amministratore, pertanto, ha l’obbligo di mantenere e conservare i beni comuni, garantendo l’utilizzo degli stessi a tutti i condomini, occupandosi di mantenere in sicurezza gli ambienti a vantaggio dei condomini ma anche a tutela delle persone che vi transitano, oltre che, maggiormente, di quelle che vi lavorano; procedendo, ad esempio, all’immediato conferimento d’incarico per la sanificazione degli ambienti comuni ad apposita ditta specializzata ed iscritta nello specifico registro (tale intervento sarà da considerarsi “straordinario ed urgente”, da annotare nel Registro Anagrafe Sicurezza (RAS)).

Andando più nello specifico, chi accusa i sintomi del Covid-19 non è tenuto a comunicarlo all’amministratore, né ai singoli condòmini, né, ancora l’amministratore, avuto conoscenza “informale” o sospetta di un caso tra condòmini all’interno del condominio, è tenuto, a sua volta, a sostituirsi al medesimo per darne diffusione agli altri condomini; questo perché si parla comunque di dati sanitari e, pertanto, considerati “particolari”.

L’art. 9 del GDPR consente di trattare i dati particolari anche senza ottenere il consenso dell’interessato laddove: “c) il trattamento è necessario per tutelare un interesse vitale dell'interessato o di un'altra persona fisica qualora l'interessato si trovi nell'incapacità fisica o giuridica di prestare il proprio consenso”;

A rigor di logica, pertanto, non esiste alcuna ragione che possa consentire all’amministratore di trattare i dati sanitari in questione per finalità diverse da quelle limitate al suo incarico ed ulteriori, né una deroga in tal senso compare in alcuna disposizione governativa emanata in questo periodo di pandemia.

Concludendo quindi, poiché l’amministratore ha il dovere di tutelare, mantenere e rendere sicure le parti comuni dell’edificio, per esclusione egli non possiede il mandato alla tutela della salute dei singoli condomini. Al singolo condomino, invece, competono i medesimi obblighi morali che riguardano ciascun cittadino e quindi, anche il dovere di farsi parti attiva per bloccare l’epidemia, se del caso anche denunciando casi sospetti non dichiarati.

Di Vittorio Lombardi, Carlo Pickler e Rosario Dolce

Note sull'Autore

Vittorio Lombardi Vittorio Lombardi

Avvocato civilista del foro di Cosenza, Privacy Officer e Consulente della Privacy certificato TÜV Italia, membro del Consiglio Direttivo di Federprivacy. Web: www.studioavvlombardi.it

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