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Usa, primi passi per una legge sulla privacy online

Gli Stati Uniti stanno preparando la propria risposta al GDPR europeo. Ad annunciare la novità è il Washington Post: negli USA è partito il processo che porterà ad una nuova normativa sulla gestione della privacy online, strada che potrebbe sortire i propri risultati già entro l’anno in corso.

Secondo quanto trapelato, l’amministrazione Trump non si sarebbe mossa in autonomia, ma avrebbe costituito un tavolo di lavoro che coinvolge direttamente Facebook, Google, AT&T e Comcast, ed altre grandi compagnie del mondo della tecnologia. Lindsay Walters, membro di spicco del team del Presidente, ha espresso anche un giudizio nel merito di quanto si andrà a cercare di porre in essere: “Tramite il National Economic Council della Casa Bianca, l’amministrazione Trump intende dar seguito ad una policy per la protezione dei dati personali che abbia un appropriato bilanciamento tra privacy e prosperità”.

Appare quindi evidente come i grandi gruppi del mercato online siano stati messi alle strette dalla legislazione europea, che impone termini estremamente rigidi tanto in tema privacy quanto in tema antitrust. Facebook (crollata nell’ultima trimestrale) e Google (pesantemente sanzionata dalla Commissione Europea) ne hanno già fatto le spese, ma ora siedono al tavolo delle trattative assieme a Trump per capire come uscire da questa impasse non solo a livello di normative, ma anche a livello di rapporti politici tra i due continenti.

La partita dei dati personali si combatte su più fronti: la questione sicurezza è estremamente importante per l’Europa così come lo è la questione economica per gli USA e da qui nasce per Trump la necessità di creare una normativa che consenta all’UE di vedere quella medesima “adeguatezza reciproca” che possa riconsegnare a Facebook e Google (in piena ottemperanza con le normative comunitarie) ragionevole libertà di azione. Un GDPR ammorbidito, ma con i necessari contrappesi ragionati a tavolino, potrebbe essere il giusto compromesso.

Secondo il Washington Post il problema è comunque anzitutto interno: l’assenza di leggi federali sulla privacy ha portato ad una estrema disomogeneità nella gestione di questo fronte tra i diversi stati a stelle e strisce.

Le pressioni per una legislazione USA sulla privacy sono giunte anzitutto dalla California, ove nel giro di pochi anni gli utenti potrebbero avere addirittura la possibilità di opt-out che toglierebbe i propri dati ai grandi gruppi e li sottrarrebbe dalle catene di advertising online: è chiaro come un approccio simile a livello USA toglierebbe ai big del settore il cuore stesso del loro business, cosa che l’amministrazione Trump non può permettersi. Una legge federale che tolga la scure dalle mani dei singoli stati nazionali potrebbe dunque essere il miglior compromesso, evitando ulteriori pressioni al rialzo.

Secondo quanto appreso dal Washington Post, la prima bozza di normativa andrebbe a porre in essere nella direzione di un bilanciamento ponderato tra diritti delle aziende e diritti dei cittadini consentendo a questi ultimi di denunciare le prime qualora fosse ravvisato un qualche abuso dei loro dati personali. Ciò non metterebbe in discussione l’uso dei dati stessi (a salvaguardia dei modelli di business esistenti), ma al tempo stesso arginerebbe slanci eccessivamente ambizioni che possano dar seguito a pericolose class action.

Fonte: The Washington Post

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