Usa: pratiche ingannevoli nel tracciamento della posizione degli utenti, Google paga 93 milioni di dollari allo Stato della California
Pratiche ingannevoli per violazione della legge sulla privacy nel tracciamento della posizione degli utenti, Google pagherà 93 milioni di dollari allo Stato della California. La somma è stata concordata con il Procuratore Generale Rob Bonta per evitare una multa più elevata in seguito all’indagine avviata alcuni anni fa.
La sezione Consumer Protection dello Stato della California ha scoperto che Google raccoglieva, conservava e usava i dati sulla posizione geografica degli utenti per attività di profilazione e per mostrare inserzioni personalizzate, senza un consenso informato.
Nella denuncia viene evidenziato che, nonostante la disattivazione delle cronologia delle posizioni nelle impostazioni dell’account Google, gli utenti venivano ugualmente tracciati anche all’esterno di Maps. Tra il 2014 e il 2018, Maps aveva inoltre mostrato un pop-up che suggeriva ingannevolmente di attivare la cronologia per avere un’esperienza migliore.
Il tracciamento avveniva infatti anche quando era attivo il salvataggio delle attività web e delle app. Tra il 2015 e il 2019, Google memorizzava addirittura le coordinate esatte (latitudine e longitudine). Il tracciamento della posizione veniva infine sfruttato per mostrare inserzioni personalizzate, anche se l’utente sceglie di non vedere gli annunci personalizzati al momento della creazione dell’account. Tutte le impostazioni erano presenti nella sezione “Dati e Privacy”.
Google ha accettato adesso di pagare 93 milioni di dollari e di rispettare una serie di obblighi, tra cui quello di fornire maggiori informazioni sul tracciamento della posizione e la personalizzazione delle inserzioni pubblicitarie.
Un simile accordo era stato sottoscritto a metà novembre 2022 con i procuratori di 40 stati, ma la somma era ancora più alta, ovvero di 392 milioni di dollari. In quel caso, erano stae le associazioni per la tutela della privacy dei consumatori a sollevare la protesta sul fatto che il rilevamento dei dati sulla geolocalizzazione degli utenti persistesse anche dopo la disattivazione della funzione e potesse rivelare la loro identità benché le aziende tecnologiche affermassero che invece tali dati erano resi anonimi.