L'Isola di Man non fa parte dell'Ue ma si è allineata al Gdpr: comminata la prima sanzione
L'Isola di Man è un piccolo ma ricco territorio con poco più di 80mila abitanti situato nell’Europa settentrionale tra l'Irlanda e la Gran Bretagna, ma pur essendo una dipendenza della Corona Britannica non fa parte né del Regno Unito, né dell'Unione europea. Tuttavia nel 2018 il governo di quest'isola ha implementato il Gdpr con un proprio atto normativo interno, con il quale riconosce formalmente le leggi dell'UE in materia di protezione dei dati. E ultimamente le applica pure, dato che il suo Information Commissioner's Office ha appena inflitto la sua prima sanzione.
La decisione dell’Isola di Man di dotarsi del “Data Protection Act 2018”, oltre che strategica per la propria economia, è senza dubbio un notevole passo avanti verso il superamento della condizione attuale di “paese terzo” in materia di trasferimento di dati personali attraverso una decisione di adeguatezza da parte della Commissione UE.
È noto infatti che la condizione di paese terzo, comportando maggiori oneri burocratici ed economici, si traduce di fatto in uno svantaggio competitivo per le imprese del territorio nei confronti dei loro competitor dell’UE, al cui interno non ci sono vincoli per i trasferimenti di dati personali.
Infatti, l’art. 3 del Gdpr ne prescrive il rispetto anche a titolari ubicati in paesi extra UE quando i trattamenti riguardino l’offerta di beni e/o servizi a cittadini dell’Unione, indipendentemente dall’obbligatorietà di un pagamento, oppure nel caso riguardino il monitoraggio del comportamento degli interessati nella misura in cui tale comportamento abbia luogo all’interno dell’UE.
Per quanto riguarda la multa comminata nei giorni scorsi dal garante per la privacy dell’Isola di Man, a farne le spese è stato il Dipartimento per gli affari interni, il quale per ben 5 mesi non aveva dato dovutamente riscontro ad un interessato che aveva presentato ripetute richieste di accesso ai propri dati personali senza ricevere però un’esauriente risposta, che normalmente dovrebbe essere data entro un mese. Infatti, il Dipartimento per gli affari interni, che adesso dovrà pagare 12.500 euro di sanzione, si era limitato a fornire solo riscontri frammentari e senza peraltro fornire un giustificato motivo del proprio ritardo.