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Usa: privacy a rischio negli aeroporti, aumentano le perquisizioni invasive su smartphone e dispositivi elettronici dei passeggeri

Negli Stati Uniti le ispezioni agli aeroporti stanno diventando sempre più intrusive, e il controllo di cellulari e dispositivi elettronici pone una seria minaccia alla privacy e alla libertà individuale.

Negli ultimi anni, l’attraversamento delle frontiere statunitensi si è trasformato infatti in una circostanza di vulnerabilità per la riservatezza dei passeggeri. Sempre più persone vengono infatti fermate negli aeroporti dopo che gli agenti della Customs and Border Protection (CBP) scoprono nei loro dispositivi elettronici messaggi, foto o post giudicati compromettenti. 

Questa prassi in crescita, mette in discussione diritti fondamentali come la privacy, la libertà di espressione e persino la sicurezza dei viaggiatori.

Secondo dati forniti dal Guardian, nel 2024 l’agenzia Customs and Border Protection (CBP) ha effettuato perquisizioni su circa 47.000 dispositivi su un totale di oltre 420 milioni di viaggiatori. Questo dato, seppur modesto rispetto al totale, rappresenta una crescita significativa e un trend allarmante.

Il vero nodo della questione risiede nell’assenza di chiare direttive giuridiche. Nonostante la sentenza Riley v. California del 2014 richieda un mandato per l’ispezione di dispositivi durante un arresto, non è altrettanto chiaro se ciò sia applicabile ai controlli di frontiera. Questo vuoto normativo trasforma i confini statunitensi in una sorta di terra di nessuno giuridica, dove le garanzie costituzionali sembrano sospese e la privacy digitale rimane esposta all’arbitrarietà delle autorità.

La distinzione tra sicurezza nazionale e sorveglianza politica si sta quindi assottigliando. Casi recenti, riportati da fonti autorevoli come il Guardian, Wired e Usa Today, rivelano che opinioni politiche espresse online stanno diventando sempre più rilevanti durante i controlli. L’ American Civil Liberties Union ha criticato questa pratica, definendola una forma di “ritorsione politica” mascherata da controlli di routine.

La problematica centrale nasce da un’eccezione legale applicabile nelle zone di frontiera, entro 100 miglia dai confini internazionali, inclusi gli aeroporti. In queste aree, il quarto emendamento della Costituzione Usa, che protegge da perquisizioni arbitrarie, diventa meno efficace. In una sorta di “zona grigia” legale, la CBP ha il potere di controllare i dispositivi elettronici senza richiedere un mandato, anche quando non esistono sospetti concreti. Questo potere amplificato ha destato un significativo dibattito sul bilanciamento tra sicurezza e diritti civili.

La CBP distingue le sue ispezioni in due categorie: le perquisizioni di base che riguardano l’esame manuale di contenuti visibili come foto, video e messaggi, anche cancellati, e quelle avanzate, che utilizzano strumenti forensi per un’analisi più dettagliata, richiedente l’approvazione di un dirigente, ma non di un mandato. Questo processo evidenzia come anche i dispositivi in modalità aereo possano rivelare dati significativi se non adeguatamente protetti.

Secondo la Electronic Frontier Foundation (EFF), organizzazione che tutela i diritti digitali, è fondamentale valutare il rischio personale prima di viaggiare. Tra le precauzioni suggerite ci sono la crittografia dei dispositivi, l’eliminazione selettiva dei dati sensibili e l’uso di password complesse. Conservare i file su cloud e disattivare l’accesso automatico sono ulteriori accorgimenti per proteggere la propria privacy durante i controlli alle frontiere.

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