Non il parere di chi scrive, bensì quanto si evince dal provvedimento del Garante sul consenso al trattamento dei dati personali per finalità di "marketing diretto" attraverso strumenti tradizionali e automatizzati di contatto, del 15 maggio 2013, conduce ad un inquadramento dei trattamenti di dati per la suddetta finalità. Essi sono quelli finalizzati all'invio di materiale pubblicitario, di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.
In ogni caso, si è di fronte a contenuti non richiesti dagli interessati, né inseriti nel contesto di un contratto di servizio tra costoro e il titolare del trattamento.
I contenuti sono decisivi per stabilire se si sia di fronte ad attività di marketing ovvero di altro genere.
Con riferimento alla fattispecie indicata nel quesito, nella misura in cui il contenuto delle newsletter è impostato “su tematiche coerenti con i servizi rispetto ai quali tali utenti hanno manifestato interesse”, tutto ciò 'odora' di marketing e... anche di profilazione.
Per quanto riguarda la selezione della base giuridica nelle attività di marketing, il consenso è e resta la 'regina' di questa corte. E il legittimo interesse figura effettivamente come una 'ancella', da rendere protagonista in circostanze affatto particolari (di cui la legge procura un esempio con la disciplina dettata dall'art. 130, comma 4, del d. lgs. 196/2003). E per non lasciarsi ingannare da quell'ultimo famoso periodo del considerando 47 (a mente del quale “può essere considerato legittimo interesse trattare dati personali per finalità di marketing diretto”), è necessario e sufficiente leggere/soppesare il considerando per intero.
Il legittimo interesse, definito nella sua concretezza, può essere invocato esclusivamente sulla base della accertata (dal titolare, mediante il bilanciamento) sua prevalenza su diritti, libertà e interessi dei destinatari delle comunicazioni.