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Cassazione: l’utente dei social può chiedere i dati dell’identità rubata

Cassazione: l’utente dei social può chiedere i dati dell’identità rubata

Sfuggire all’identificazione per un profilo fake potrebbe essere più difficile, almeno stando alle ultime sentenze. I giudici, infatti, aprono agli elementi indiziari che potrebbero portare a individuare l’autore del reato oltre ogni ragionevole dubbio. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 20485 depositata il 9 maggio scorso, secondo la quale, oltre agli accertamenti tecnici sui dispositivi, pesano anche gli elementi indiziari che, se precisi, gravi e concordanti, possono portare alla condanna.

Il whistleblower non può violare la legge per fare lo 007

Il whistleblower non può violare la legge per fare lo 007

Il dipendente che si improvvisa investigatore e viola la legge per raccogliere prove di illeciti nell’ambiente di lavoro non può invocare la tutela del whistleblowing. La “protezione”, prevista dalla legge 179/2017, è destinata solo a chi segnala notizie di un’attività illecita, acquisite nell’ambiente e in occasione del lavoro. Senza che ci sia alcun obbligo in questo senso né, tantomeno, è ipotizzabile una tacita autorizzazione a improprie azioni di “indagine”, per di più illecite.

I consulenti del lavoro non sono obbligatoriamente responsabili del trattamento

I consulenti del lavoro non sono obbligatoriamente responsabili del trattamento

I consulenti del lavoro non sono obbligatoriamente responsabili esterni del trattamento. Questa l'indicazione del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro (circolare n. 1150 del 23 luglio 2018), in cui si affronta un problema posto dal Regolamento Ue sulla privacy (n. 2016/679). In effetti se un soggetto è «responsabile del trattamento», in base all'articolo 28 del regolamento, deve obbligatoriamente, a pena di sanzione amministrativa, sottoscrivere un contratto con il titolare del trattamento. Per questo motivo ai consulenti stanno arrivando richieste di firmare il contratto di responsabile esterno. Secondo la circolare le richieste possono essere respinte.

GDPR: i vantaggi del privacy planning

GDPR: i vantaggi del privacy planning

La conformità al GDPR non è uno status quo, cristallizzabile ad una certa data, ma è frutto di un processo dinamico che segue costantemente i flussi dell’attività aziendale. Inoltre, per le azioni di adeguamento non si può individuare una ricetta buona per tutti: la compliance va valutata secondo il criterio dell’adeguatezza, variabile nel tempo e a seconda di diverse circostanze e parametri. Sono riassumibili in dieci le regole d’oro che devono essere considerate per testare la regolarità agli obblighi del GDPR: quali sono? E come elaborare un “privacy planning” per la comparazione dei costi e dei benefici? L’adeguamento al GDPR è un iter continuativo e progressivo. Non è un risultato statico, ma segue la dinamica dell’attività aziendale. In sostanza si può avere la conformità a una certa data, ma bisogna programmare un aggiornamento a cadenza predeterminata, sotto la sorveglianza del Data protection officer. Per essere in regola con il GDPR è utile seguire questo percorso:

Dati personali sotto attacco del marketing selvaggio, ma con il GDPR le soluzioni per il business corretto ci sono

Dati personali sotto attacco del marketing selvaggio, ma con il GDPR le soluzioni per il business corretto ci sono

Privacy ancora troppo debole rispetto al tritacarne del marketing selvaggio. Troppo difficile stanare e sanzionare, troppo facile chiudere bottega e riaprire con un nome diverso e portandosi dietro una copia delle liste irregolari; senza rischiare granché, mandando avanti srl semplificate con mille euro di capitale sociale e usando filiere di società, magari estere, detentori di data base, arrivati lì chissà come e chissà quando. Il quadro, descritto dalla relazione per il 2017 del garante della privacy, ha tratti più scuri che chiari e pare che non ci possa essere una soluzione, certamente non con le leggi a disposizione, che non consentono una cosa all'apparenza facile: avere la sicurezza di non ricevere più contatti. Le norme non garantiscono la libertà di dire «stop». Pare proprio, invece, che se, anche solo per sbaglio, si è dato il consenso una volta, il consenso è per sempre (anche se ci si ripensa). Eppure ci sono le possibilità di fruire di istituti flessibili e legali: per esempio studiare il ciclo di vita del prodotto e tenere i dati per il periodo congruo. In attesa di norme non ambigue e di regolamenti non cavillosi.

Sentenza in Germania: il profilo di Facebook va in eredità

Sentenza in Germania: il profilo di Facebook va in eredità

Storica sentenza in Germania. Gli eredi hanno diritto a quanto si lascia sul web, a prendere visione di ogni email e del materiale rimasto sul sito. I responsabili di Facebook si erano opposti invece alla richiesta di una madre di vedere quanto aveva lasciato la figlia quindicenne, uccisa nel 2012 da un convoglio del metro a Berlino. Ma si avevano dubbi sull'incidente. Si trattava di un suicidio? La madre cercava una risposta sulla fine della giovane. I giudici le hanno dato ragione.

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