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Social & Privacy, Facebook sotto assedio da Usa e Ue

Facebook è sotto inchiesta e rischia ingenti sanzioni e traumatiche strette di regolamentazione transatlantiche. La Federal Trade Commission ha avviato indagini preliminari per determinare se abbia violato un precedente accordo con l’authority americana sulla protezione della privacy. Con una lettera, la Ftc chiede chiarimenti sullo scandalo della Cambridge Analytica, la società di consulenza politica che ha lavorato per Donald Trump ottenendo e utilizzando irregolarmente dati di 50 milioni di utenti del gruppo.


Le autorità americane hanno fatto sapere di «prendere molto seriamente ogni accusa di violazione di intese consensuali» e citato quale precedente una multa da 22,5 milioni contro Google quattro anni or sono. L’accordo con Facebook risale al 2011 e prescrive l’esplicito consenso degli utenti a raccolta e condivisione di dati. "Rimaniamo impegnati a proteggere le informazioni personali - ha risposto Facebook -. Apprezziamo l’opportunità di rispondere alle domande della Ftc". L’inchiesta potrebbe però assumere risvolti transatlantici: il Commissario alla Giustizia della Ue, Vera Jourova, sarà a Washington nei prossimi giorni per discutere il dossier con la Ftc.
Jourova ha espresso "impazienza" per la lentezza finora dimostrata dalle autorità americane: vuole l’immediata designazione di un alto funzionario che indaghi sulle denunce europee nella gestione dati, promesso dalla precedente amministrazione Obama. Ma Washington e gli Stati Uniti si stanno comunque muovendo.


L’intervento della Ftc è la punta dell’iceberg di un assedio di autorità e legislatori a Facebook, con l’intenzione di “stanare” l’amministratore delegato Mark Zuckerberg, finora rimasto silenzioso in pubblico. Due procure statali, Massachusetts e Pennsylvania, hanno annunciato proprie indagini. E il Congresso prepara audizioni: i leader repubblicani delle Commissioni Commercio, Scienze e Trasporti hanno chiesto chiarimenti a Zuckerberg entro il 29 marzo. Senatori democratici, tradizionali “amici” di Facebook, sono a loro volta insorti: "Facebook, Google e Twitter hanno ammassato quantità senza precedenti di dati personali e li usano quando vendono pubblicità, compresa pubblicità politica", hanno scritto Amy Klobucher e John Kennedy. "La mancanza di supervisione solleva preoccupazioni sull’integrità delle elezioni e i diritti di privacy".


Le ipotesi che circolano comprendono modeste leggi bipartisan sull’impatto elettorale, quali lo Honest Ads Act che imporrebbe chiarezza su chi paga inserzioni politiche sui social. Ma anche dibattiti radicali su interventi antitrust contro “monopoli” hi-tech e ipotesi di riforme che separino le attività legate ai dati rendendole più trasparenti e sicure.


Anche dall’Europa, più aggressiva sulla privacy, sono scattate pressioni affinché Zuckerberg renda conto di persona. Le autorità nazionali di protezione dati si sono riunite ieri a Bruxelles sul caso Cambridge. L’Europa potrà presto contare anche sull’avvento della normativa General Data Protection Regulation per combattere simili abusi. Violazioni sarebbero punibili con cifre stimate al 4% delle entrate annuali di un gruppo come Facebook. Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha nel frattempo convocato Zuckerberg, denunciato una «inaccettabile violazione delle privacy» e promesso inchieste.

Anche i parlamentari britannici vogliono ascoltare Zuckerberg. Damian Collins, presidente della Commissione Digital, Culture and Media and Sports, lo ha invitato accusando Facebook di aver sempre «sottovalutato il rischio e ingannato la Commissione». Il Ceo non è tenuto a recarsi di persona al Parlamento ma l’authority indipendente dell’Information Commissioner ha indicato di avere a sua volta aperto un’indagine sia su Facebook che su Cambridge Analytica, che ieri ha sospeso il Ceo Alexander Nix.


Facebook, a suo sostegno, ha potuto finora contare su performance solide. Nell’ultimo trimestre la raccolta pubblicitaria è salita del 48%, per l’89% derivata dal mobile. E il titolo in Borsa, seppur reduce da un’ulteriore flessione, rimane in rialzo di circa il 20% in un anno. Ha inoltre preso qualche contromisura: ha riformato il “newsfeed” in senso etico, limitando contenuti virali, violenti e manipolabili, al prezzo d’un calo di 700.000 utenti nordamericani e d’una riduzione del 5% nel tempo speso sul social. Raddoppierà inoltre o staff di sicurezza.

La sottovalutazione degli scandali è tuttavia proseguita. Ha tardato un anno, da fine 2016 a fine 2017, nel rivelare intrusioni di Mosca per influenzare le urne. E su Cambridge Analytica i primi allarmi risalgono al 2015. Sono inoltre venute alla luce tensioni interne: il responsabile alla sicurezza Alex Stamos, in uscita, avrebbe chiesto più trasparenza. E a Wall Street alcuni analisti hanno cominciato e raccomandare vendite sul titolo.


Fonte: Il Sole 24 Ore del 22 marzo 2018

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