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Raccolta differenziata, i sacchi trasparenti violano la privacy

L’estensione sul territorio nazionale del servizio di raccolta dei rifiuti “porta a porta” sta facendo aumentare la percentuale di raccolta differenziata con conseguente diminuzione dei rifiuti che finiscono in discarica, il tutto in una logica di economia circolare. Ma al tempo stesso stanno anche emergendo alcune criticità, tra cui la possibile violazione del diritto alla privacy del cittadino-utente e la tendenza di affidare a terzi le procedure per sanzionare comportamenti difformi da quelli disciplinati dai singoli enti.

Sulla prima questione è piuttosto diffusa la pratica di imporre, per la raccolta domiciliare dei rifiuti, l’utilizzo di buste trasparenti o semitrasparenti lasciate dagli utenti in prossimità delle loro abitazioni in base al calendario previsto dal Comune. Ciò consente all’operatore ecologico di verificare se il contenuto dei sacchetti è conforme alla frazione da ritirare e di segnalare all’utente eventuali anomalie con avvisi applicati sulle buste, attività che in genere si effettua nella fase di start-up del servizio.

Tuttavia nel 2005 il Garante della Privacy ha affermato che «deve considerarsi in termini generali non proporzionata» la prescrizione che impone l’utilizzo di sacchetti trasparenti nella raccolta porta a porta dei rifiuti, posizione che il Garante ha confermato nella relazione annuale del 2014 presentata a Roma il 23 giugno 2015.

In sostanza, lettere d’amore, bollette, estratti conto, confezioni di medicinali non devono finire nelle mani di chiunque o essere esposti a sguardi indiscreti. Il parere del Garante non scioglie però tutti i dubbi e comunque riguarda le buste trasparenti, non quelle semitrasparenti, per cui occorrerebbe un chiarimento sul punto. Alcuni Comuni approfittano infatti dell’incertezza per fare scelte che sembrerebbero bocciate dal Garante.

Poi c’è il secondo aspetto, quello sanzionatorio, che preoccupa molto i Comuni perché una corretta gestione del servizio presuppone che vengano rispettate le modalità di conferimento dei rifiuti. È chiaro comunque che la procedura sanzionatoria può essere curata solo dal personale dell’Ente ovvero dai soggetti individuati dalla legge 689/81 (organi addetti al controllo, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria), quindi neppure l’operatore ecologico può elevare sanzioni ma deve semmai richiedere l’intervento della polizia locale.

Tanto meno è possibile fare leva sugli amministratori di condominio per controllare il comportamento dei propri condòmini: è possibile chiedere loro solo di svolgere un’attività meramente collaborativa e di sensibilizzazione nei confronti dei loro condòmini, senza comunque imporre alcunché. Collaborazione che in ogni caso non può trasformarsi in un’attività di controllo sull’operato del singolo condòmino, trattandosi di un compito che invece spetta all’ente locale.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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