Non viola il segreto professionale il medico che comunica l'infertilità del marito alla ex che ne è già a conoscenza
Per la Corte di cassazione, non bisogna dimenticare che la violazione del segreto professionale si ha solo se la notizia è comunicata a chi non la conosce. Il reato di rivelazione del segreto professionale è previsto e punito dall'articolo 622 del codice penale, che prevede la pena della reclusione fino a un anno o della multa da 30 a 516 euro per tutti coloro che, avendo notizia di un segreto per ragione del proprio stato o ufficio o della propria professione o arte, lo rivelano senza giusta causa o lo impiegano a proprio o altrui profitto.
Perché possa dirsi configurato, il reato in esame richiede tra le altre cose:
- la rivelazione del segreto;
- l'assenza di giusta causa.
Con riferimento al primo elemento, come osservato dalla Corte di cassazione nella pronuncia n. 318/2021 qui sotto allegata, deve ritenersi che "non si ha rivelazione, e quindi violazione del segreto, nel caso di comunicazione della notizia a chi già la conosceva".
Nel caso di specie, a essere imputato era un medico, accusato di aver certificato indebitamente l'infertilità di un paziente.
Per i giudici, a tale proposito, non può non tenersi conto del fatto che il rilascio del certificato, su richiesta della ex moglie del paziente, era finalizzato alla produzione dello stesso nel giudizio di disconoscimento di paternità, incardinato dall'uomo che lamentava la violazione del segreto, ma che era stato il primo ad aver dedotto la propria infertilità, peraltro nota alla moglie.
Con riferimento alla nozione di giusta causa, la Cassazione, evidenziando come tale formula appaia spesso nel corpo di norme incriminatrici, ha rappresentato che la stessa è destinata a fungere da "valvola di sicurezza" del meccanismo repressivo, in quanto in sostanza evita che la sanzione scatti quando l'osservanza del precetto appaia, in concreto, inesigibile.
Rispetto al reato di rivelazione del segreto professionale, che può venire in rilievo per i medici, essa è stata utilizzata dal legislatore riferendosi non solo alle cause di giustificazione, ma anche alle altre cause che sono suscettibili di escludere l'illiceità della rivelazione, tenendo conto dei "principi del bilanciamento degli interessi o dell'adeguatezza del mezzo rispetto ad uno scopo lecito non altrimenti realizzabile".
Fonte: Studio Cataldi - A cura di Avv. Valeria Zeppilli