GDPR, le big di Internet non si sono ancora messe in regola
A un certo punto su tutti i nostri dispositivi sono arrivate ondate di messaggi informativi sulla privacy. Lo imponeva il Gdpr, il nuovo regolamento europeo sulla privacy. E' entrato in vigore da poco più di un mese, ma le grandi piattaforme online si sono adeguate in modo ancora "insufficiente".
È il dato che emerge da uno studio della Beuc, l'associazione europea per la tutela dei consumatori che ha analizzato le informative sulla privacy di 14 grandi piattaforme: Google, Facebook (e Instagram), Amazon, Apple, Microsoft, WhatsApp, Twitter, Uber, AirBnB, Booking.com, Skyscanner, Netflix, Steam ed Epic Games. Grazie all'uso dell'intelligenza artificiale, è stato possibile controllare un totale di 3.659 frasi (80.398 parole): 401, pari all'11%, contengono "linguaggio non chiaro" e 1240, in pratica una su tre, espressioni con "problematiche potenziali" o informazioni "insufficienti". Lo studio conclude che "nessuna" delle 14 piattaforme analizzate è "pienamente conforme al Gdpr".
E che "molti dei maggiori servizi online, compresi Facebook, Google e Amazon, hanno ampio margine di miglioramento". Le falle individuate dalla ricerca sono soprattutto di tre tipi: "Non sono disponibili tutte le informazioni richieste dagli obblighi del Gdpr sulla trasparenza.
Ad esempio - afferma il Beuc - le compagnie non sempre informano adeguatamente gli utenti riguardo le terze parti con cui condividono i dati". Altro problema è "l'elaborazione dei dati personali" che "non avviene secondo le richieste del Gdpr".
Una delle piattaforme analizzate, ad esempio, afferma che "l'utente acconsente alle condizioni sulla privacy semplicemente utilizzando il sito". Un'affermazione che contrasta con il regolamento europeo.
Infine, sottolinea l'associazione, "le informative sono formulate usando un linguaggio vago e non chiaro, che rende all'utente molto difficile capire il reale contento e come vengono utilizzati in pratica i suoi dati".Monique Goyens, direttrice generale della Beuc, ha definito i risultati "preoccupanti" e ha invitato le autorità di controllo ad approfondire.
La ricerca, oltre che per le evidenze, è interessante anche per il metodo utilizzato: l'intelligenza artificiale ha consentito di elaborare una mole importante di dati in un tempo molto ridotto. Per Goyes è l'esordio di uno strumento che "in futuro aiuterà a identificare le infrazioni in modo rapido e su vasta scala, rendendo più semplice avviare azioni legali".
Fonte: Italia Oggi del 6 luglio 2018