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Social network, minori e soggetti fragili: quando l'etica deve essere costitutiva e by design

Da qualche tempo si fa un gran parlare di etica nel e del mondo digitale. L'argomento principale di discussione – modificabile a vario titolo nell’oggetto - è che tutto deve essere eticamente orientato. Che è certamente un giusto proposito. Ma si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

Social network, minori e soggetti fragili: quando l'etica deve essere costitutiva

Di queste buone intenzioni ci potrebbero parlare A., 10 anni, morta soffocata nel 2021 a Palermo per aver preso – probabilmente – parte alla challenge “Black out” sul social network TikTok, che consisteva nel soffocarsi cercando di resistere il più a lungo senza perdere i sensi. Alla stessa challenge, e con lo stesso funesto esito, hanno partecipato anche M. e L., 8 e 9 anni, americane.

Nell’atto introduttivo del giudizio contro TikTok, promosso dai genitori assistiti dal Social Media Victim Law Centre, si legge che “l’algoritmo pericoloso ha spinto intenzionalmente e ripetutamente i video della sfida nel feed dei bambini […] anteponendo il profitto alla salute degli utenti”.

È noto, del resto, che il valore di un contenuto social è tanto più elevato, in termini di monetizzazione per gli inserzionisti, quanto più alto il tempo in cui riesce a trattenere utenti sulla piattaforma.

Qualsiasi tipo di utente, senza distinzione tra adulti e bambini.

Il Gdpr statuisce, all’art. 8, le condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell'informazione. La norma stabilisce che il minore, il quale abbia compiuto 16 anni (o altra età non inferiore ai 13 anni, stabilita dallo Stato nazionale), può validamente prestare il consenso per il trattamento dei propri dati.

L’Italia ha fissato questa età – non senza incertezze, durante il passaggio di approvazione parlamentare – in 14 anni, per coerenza con l’ordinamento giuridico.

Si ricordi che il minore infraquattordicenne ha un’autonoma legittimazione attiva in tema di cyberbullismo e ha diritto a prestare assenso all’adozione.

Permettergli di iscriversi autonomamente a un social network e formare la propria identità digitale è, quindi, apparso logico.

Il legislatore, nazionale e comunitario, si è infatti preoccupato di prestare specifiche garanzie e una protezione rafforzata per i minori, in ragione della scarsa consapevolezza in merito alle conseguenze dei propri atti dispositivi e dei rischi connessi all’utilizzo della rete, oltre all’esigenza di non pregiudicare una personalità ancora in formazione, mediante utilizzi impropri di dati personali.

Eppure i fatti di cronaca e la vita di tutti i giorni ci raccontano – ahimè - un’altra storia.

Quella di minori e soggetti fragili lasciati soli a guardare nella tana del coniglio contenuti inneggianti al suicidio, all’autolesionismo, all’odio o alla reificazione di corpi ed emozioni, riducendole a prodotto da consumare.

Quella di adulti disorientati che validano la loro genitorialità postando continuamente sui social network foto e successi dei loro bambini, manifestando quella che gli studiosi ormai chiamano “sindrome da sharenting” e che richiama immediatamente tre problematiche: forme di abuso sul minore, esposizione a predatori sessuali e formazione eterodeterminata della sua identità.

Quella di soggetti preda delle piattaforme social che utilizzano, secondo studi ormai consolidati, tecniche delle società di gioco d’azzardo per creare dipendenze psicologiche.

Avv.Valentina Fiorenza

(Nella foto: l'Avv.Valentina Fiorenza, moderatrice al Privacy Day Forum 2024 e speaker al Privacy Symposium 2024)

O ancora, quella di noti consulenti che si dimettono dai board delle grandi piattaforme perché queste preferiscono “chiudere un occhio” sui temi della prevenzione di suicidio o autolesionismo per favorire il profitto, piuttosto che apportare cambiamenti virtuosi.

In questo sterminato campo di problematiche, vive e attuali, dove può trovarsi l’etica?

Nella rincorsa al profitto, come faro dei giganti di internet, nell’utilizzare persone come comburente di sistemi sempre più pervasivi, che riducono l’Io in piccoli pezzi e spesso con la benedizione di coloro che dovrebbero vigilare?

Perché no, non basta un parere o una sentenza ogni tanto. Se di etica si deve ragionare, soprattutto in ragione della tutela dei minori, essa deve essere di tipo costitutivo, cioè utilizzata come base di quei sistemi che stanno orientando il mondo verso un baratro.

E accanto alla privacy by design e by default (che, ammetto, a ben guardare certe situazioni concrete appare una mera una favola della buona notte) sarebbe bello, opportuno e salvifico che i legislatori nazionali e sovranazionali imponessero un’etica by design che sia alla base dei sistemi certamente di business, ma strutturati e creati per tenere in alta considerazione i diritti e la personalità umana e, soprattutto, tutelare i più piccoli da pericoli sempre più vicini e incontrollabili.

Note Autore

Valentina Fiorenza Valentina Fiorenza

Avvocato. Bionda. Appassionata di contratti, GDPR e digitale. E scrive quelle cose lì. Sì, quelle scritte in piccolo. Web: www.theblondlawyer.it

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