Proctoring & Privacy: un’eccessiva risposta informatica ad un problema analogico?
Le esigenze di contenimento dell’epidemia da Covid-19 hanno portato all’applicazione, tra le altre misure, della chiusura temporanea delle strutture per l’educazione, dagli asili nido alle università. Da una prima, momentanea, sospensione delle attività per permettere agli istituti scolastici ed universitari di attrezzarsi con i necessari strumenti informatici si è passati alla pratica della Didattica a Distanza (DaD).
(Nella foto: Matteo Alessandro Pagani, Delegato Federprivacy nell'area metropolitana di Milano)
La mancata contemporanea presenza fisica dei docenti e degli studenti ha però accentuato una problematica da sempre presente nei contesti dell’apprendimento: il rischio dell’utilizzo di mezzi fraudolenti per guadagnarsi immeritatamente il voto positivo relativamente a verifiche, interrogazioni ed esami. In special modo, questa tematica è stata considerata come critica per le università, le quali sono state tra le prime a adottare mezzi tecnologici per contrastare questo fenomeno.
La pratica prende il nome di “Proctoring” che in italiano si traduce con “Supervisione”. Nel caso in esame i programmi di Proctoring vengono utilizzati per controllare gli studenti durante un’interrogazione o un compito scritto. Il Proctoring si basa su una sinergia tra sistemi di controllo degli input del computer dello studente (come tastiera, microfono e mouse), analisi dell’ambiente in cui si trova lo stesso e dei suoi movimenti, sia del corpo che degli occhi. Tali dati vengono poi analizzati da un apposito algoritmo che in caso di situazioni sospette avvisa il docente, lasciando così al fattore umano la decisione finale.
Ma l’utilizzo di questa tecnologia ha già provocato molte polemiche. Al Politecnico di Torino l’adozione del sistema di Proctoring ha provocato un’accesa risposta da parte del corpo studentesco, il quale ha risposto con l’occupazione dell’edificio del Rettorato dove alcuni studenti si sono addirittura incatenati agli ingressi dello stabile. Rispetto a quelle che sono le proteste sollevate dai vari rappresentanti degli studenti di varie università, dal punto di vista della Privacy i sistemi di Proctoring risultano problematici.
Innanzitutto, i prodotti più acquistati risultano essere “Respondus” e “Proctorio”. Queste aziende sono basate negli Stati Uniti, sollevando così la questione del trasferimento transatlantico dei dati personali di studenti, che potrebbero anche essere minorenni, nel caso di utilizzo dei sistemi di Proctoring da parte degli Istituti di Istruzione Superiore.
Sul sito di “Respondus” viene ancora citato il Privacy Shield, nonostante sia quasi già passato un anno dalla storica sentenza Schems II, la quale ha affossato l’accordo tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti intercorso solamente quattro anni prima. “Proctorio”, d’altro canto, afferma sul proprio sito di utilizzare data center vicini all’istituto che utilizza i loro sistemi, ma, mancando maggiore trasparenza, rimane comunque in dubbio la localizzazione sia dei data center utilizzati che dei flussi di dati personali.
Deve poi essere messa in risalto la invasività di tali sistemi, che raccolgono una incredibile quantità di dati personali e a volte persino particolari. Ad esempio, nelle procedure previste da Proctorio c’è anche la verifica preliminare della carta d’identità. Per quanto, come affermato dalla casa produttrice nel proprio sito web, il sistema cerca di minimizzare i dati personali raccolti sia nel numero che nel tempo, non vi sono precise indicazioni temporali per accertarsi della veridicità di tali informazioni.
Ultimo argomento da menzionare è l’effetto psicologico che l’utilizzo di tali strumenti produce sugli studenti. Infatti, se consideriamo una situazione di sorveglianza simile come può esserlo quella derivante dalla videosorveglianza sul luogo di lavoro, altro tema fortemente dibattuto e su cui il Garante si è più volte espresso, su di un gruppo demografico oltretutto forse ancora più sensibile all’essere costantemente sotto il controllo di un algoritmo come possono esserlo i giovani studenti, il risultato non può che essere negativo!
In conclusione, bisogna chiedersi se è veramente necessario un tale dispiegamento di mezzi tecnologici ed un trattamento di dati personali così significativo sia per qualità che per quantità per un problema che esiste da sempre e a cui fino ad oggi sembravano comunque bastare soluzioni analogiche, che certamente ora sono più difficili da applicare, ma non impossibili.