Non è lecito fare telefonate promozionali a delle persone solo perché il loro numero è pubblicato su internet
Il fatto che dei numeri di telefono siano pubblicati su elenchi online o facilmente recuperabili su internet non significa che siano liberamente utilizzabili per effettuare telefonate agli abbonati per promuovere i servizi della propria attività commerciale, e il fatto che gli operatori violino la privacy delle persone “in buona fede” non è una giustificazione accettabile.
(Nella foto: Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy)
Uno dei tanti casi che dimostra come molte aziende non abbiano ancora ben compreso che non è lecito usare i numeri di telefono a piacimento considerandoli disponibili su “fonti pubbliche” semplicemente perché si trovano facilmente tramite un motore di ricerca o su siti web di elenchi telefonici, è quello di un’agenzia immobiliare di Roma affiliata a Tecnocasa che con le proprie telefonate periodiche aveva infastidito uno degli abbonati a tal punto da presentare un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.
In risposta alle richieste di informazioni dell’Autorità, l’agenzia immobiliare aveva ammesso di aver contattato l’uomo, ma solo in solo due circostanze: durante la prima telefonata gli operatori si sarebbero visti negare il consenso ad essere ricontattato successivamente, mentre la seconda chiamata sarebbe stata un “mero errore commesso in totale buona fede” a cui aveva fatto seguito la cancellazione dei dati del reclamante, che comunque a detta degli agenti immobiliari sarebbero stati trattati lecitamente perché “reperiti su internet consultando i siti web www.trovanumeri.com e www.psicologi.it, e svolgendo un’indagine nominale sul motore di ricerca su Google”.
In realtà, come purtroppo sperimentano molti proprietari che non appena espongono un cartello “vendesi” o “affittasi” vengono presi di mira da agenti che cercano di accaparrarsi un mandato, il reclamante non sarebbe stato così suscettibile per due sole chiamate da parte dell’agenzia immobiliare, ma queste ultime sarebbero state invece la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché prima di rivolgersi al Garante della Privacy avrebbe sottaciuto “le numerose altre telefonate, anche negli anni precedenti, dove già era stato fatto presente, con estrema cortesia, di non gradire chiamate con offerta di servizi non richiesti, non mancando di invitare, con altrettanta gentilezza, alla cancellazione dei propri dati e della propria moglie dalle loro banche dati”, a maggior ragione del fatto che nel suo caso non avrebbe neppure mai espresso e pubblicizzato la volontà di mettere in vendita il proprio immobile.
A fronte delle lacunose spiegazioni ricevute dall’agenzia immobiliare, che neanche è stata in grado di fornire le informazioni richieste in modo esaustivo, il Garante ha ritenuto negligente e gravemente colposa la condotta della società affiliata a Tecnocasa, rilevando anche una grave falla negli obblighi di trasparenza richiesti dall’art.5 del Gdpr.
Al termine dell’istruttoria, l’Autorità ha comunque ribadito che anche la prima telefonata dell’agenzia immobiliare finalizzata ad ottenere il consenso per fini di marketing, è da considerarsi «comunicazione commerciale», come stabilito recentemente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. I, ord. 26 aprile 2021, n. 11019) che, nel confermare la validità del provvedimento del Garante del 22 giugno 2016 n. 275 (doc. web 5255159) sull’illiceità delle telefonate per il “recupero del consenso” degli interessati, ha ancora una volta, evidenziato che “il trattamento dei dati dell'interessato per chiedere il consenso per fini di marketing è esso stesso un trattamento per finalità di marketing”, e quindi non è lecito telefonare a numeri presi da internet chiedendo agli abbonati il consenso ad essere contattati per offrire loro i servizi della propria attività, motivi per cui l’Autorità ha sanzionato lo Studio Colli Aniene Verderocca S.r.l. per 5.000 euro.